The Next Three Days

Cosa saresti disposto a fare per amore? Fino a che punto ti spingeresti per salvare il tuo matrimonio e per recuperare in pieno la tua vita e la tua felicità? Il remake americano dell’ottimo Pour Elle, diretto da Fred Cavayé e interpretato da Vincent Lindon nel 2008, The Next Three Days, ultima fatica di Paul Haggis, parte proprio da questi quesiti e porta sullo schermo una emozionante storia d’amore che si fa avvincente thriller d’azione e spietato ritratto della società statunitense post 11 settembre. Haggis, solido sceneggiatore già autore per Clint Eastwood, per James Bond (il suo Casino Royale rimane uno dei migliori episodi della serie degli ultimi anni) e per se stesso (Crash, Nella valle di Elah), abile creatore di atmosfere ma anche furbo manipolatore di sentimenti, non tradisce il suo stile e la sua poetica firmando un’opera commerciale destinata al grande pubblico che però presenta importanti sottotesti sociali e psicologici.
In Crash e Nella valle di Elah, si evidenziava un netto dislivello tra sceneggiatura e messa in scena. La scrittura sembrava prevalere nettamente sulla regia, ancora acerba, priva di spunti, mai sensazionale. In The Next Three Days, questo gap viene in parte colmato. Sebbene Haggis brilli di più nella costruzione narrativa, qui il regista sembra avere le idee più chiare rispetto alle precedenti esperienze dietro la macchina da presa. Il film appare compatto,
Haggis riprende il film francese e sebbene rimanga fedelissimo all’originale lo adatta perfettamente al suo cinema e al contesto americano. La straordinaria storia d’amore tra John e Lara, coppia felice divisa improvvisamente dall’arresto di lei per omicidio (che sia veramente colpevole o no poco importa), e il racconto del disperato tentativo legale prima, illegale poi, del marito per riportare la compagna a casa e ad una vita insieme, diventano per l’autore un pretesto per un’analisi della società americana del ventunesimo secolo, per una critica del sistema della giustizia statunitense, troppo frettoloso e a volte ingiustamente implacabile e severo, e della politica di sicurezza interna dello stato, in realtà molto fragile e aggirabile nonostante un’apparenza di solidità e impenetrabilità.
Lento nella prima parte, più riflessiva e psicologica, incentrata soprattutto nel ritratto sentimentale ed interiore del protagonista Russel Crowe, il film nella parte finale lascia esplodere la suspence che nel primo segmento rimaneva latente al racconto. L’Haggis regista riesce a dosare perfettamente gli ingredienti con una mano solida e uno sguardo mai lontano dai personaggi. In eterno equilibrio tra il ridicolo-improbabile e il verosimile, The Next Three Days è costruito su un climax impeccabile, che lentamente coinvolge il pubblico in un gioco spettacolare che strizza l’occhio al cinema di genere pur rimanendo sempre incollato alle psicologie dei personaggi e al discorso politico-sociale.
Russel Crowe regge il film da solo. Convincente in ogni sguardo, in ogni dialogo, in ogni scena d’azione, l’attore australiano offre una performance notevole, fisica, emotiva, ricca di sfumature. Tutto ruota intorno alla sua interpretazione, al suo volto ferito, ai suoi occhi tristi e disperati, al suo fisico non più giovane e atletico.
The Next Three Days è un’emozionante storia d’amore, in cui il valore e la forza dei sentimenti legalizzano e giustificano l’illegale; un thriller ricco di ritmo e di azione; un film che, dietro la sua facciata di prodotto commerciale, cela un’anima e un intento autoriale. Una love story, ed insieme escape movie e dramma familiare, evidentemente furba ma avvincente ed appassionante. In pieno stile Haggis, appunto.
(The Next Three Days); Regia: Paul Haggis; sceneggiatura: Paul Haggis; fotografia: Stéphane Fontaine; montaggio: Jo Francis; musica: Danny Elfman; interpreti: Russel Crowe, Elizabeth Banks, Liam Neeson, Moran Atias, Olivia Wilde; produzione: Lionsgate, Fidélité Films, Hwy61; distribuzione: Medusa; origine: USA; durata: 122’.
