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The Passion of Michelangelo

Pubblicato il 16 novembre 2012 da Annalaura Imperiali

VOTO:

The Passion of Michelangelo

Film storici di un certo impegno e di una certa sostanza, negli ultimi tempi, sembrano essere diventati una rarità.

Il fenomeno, probabilmente dovuto, tra gli altri elementi, allo scarso appel presso il grande pubblico della Storia, non sottintende che poi quando si affronta il tema se ne debba necessariamente parlare in chiave così noiosa, pesante e vanamente didattica.

The Passion of Michelangelo rappresenta un esempio di desiderio di raccontare il volto di un popolo senza che, però, l’aspetto emotivo di quest’ultimo emerga con forza reale chiamando a sé l’attenzione dello spettatore.

Con questo film del regista di origine sudamericana Esteban Larraìn ci addentriamo nel Cile dell’anno 1983. Le prime proteste in strada pongono una pericolosa minaccia al governo militare di Pinochet. Il regime decide così di trasformare Miguel Angel, un giovanissimo ragazzo di strada di quattordici anni, in un popolare profeta, che giura di poter vedere e parlare con la Vergine Maria, facendo così da medium tra il mondo umano e il suo ancestrale desiderio di contattare l’oltre-umano. Il viso di Angel, tormentato, inizia ad apparire su tutti i media e in poche settimane centinaia di migliaia di persone intraprendono un pellegrinaggio verso Peñablanca, la città in cui vive, per poter assistere alle cerimonie dove profezie, stigmate, levitazioni e miracoli sono ormai all’ordine del giorno. Durante il periodo di questa montatura mediatica, il giovane subisce una profonda trasformazione. Da ragazzo fragile e timido, diviene furbo e capriccioso e usa il suo “dono divino” per manipolare le situazioni e trarne vantaggio. Quando la chiesa investiga e decide di disconoscere il culto della Vergine di Peñablanca, il governo abbandona il ragazzo al suo destino. E a questo punto Miguel dovrà fare i conti con la vita, quella vera e quella dura che finora non ha mai sperimentato...

Andando più a fondo bisogna necessariamente chiedersi qualcosa a proposito del regista Esteban Larraìn. Oggi trentottenne, Larraìn è tra i filmmaker più rappresentativi del nuovo cinema cileno. I suoi studi in Europa, tra i quali rientra la sua carriera universitaria a Parigi, lo hanno portato a confrontarsi necessariamente con la cultura di matrice nostrana che l’ha plasmato e legato ad un modo di lavorare sul grande schermo che non può non riprendere alcune delle sue fondamentali caratteristiche dalle scuole di cinema che nel “vecchio” continente ancora hanno molto da offrire.

The Passion of Michelangelo arriva dopo l’approdo a Locarno, quattro anni fa, del suo primo lungometraggio Alice in the Land.
Troppo lungo per il suo plot narrativo e troppo angusto nella sua espressione artistica, il film si avvale comunque di una notevole documentazione storica e la capacità di dispiegare questa documentazione in immagine ci lascia ben sperare per le prossime produzioni del regista cileno.

Che i paesi meno noti dal punto di vista della tradizione filmica possano superarci all’ultimo giro della corsa?


CAST & CREDITS

(The Passion of Michelangelo) Regia: Esteban Larraìn; soggetto e sceneggiatura: Esteban Larraìn; montaggio: Felipe Guerrero, Soledad Salfate; musica: Ricardo Santander; interpreti: Patricio Contreras (Father Fernàndez), Sebastián Ayala (Miguel Ángel), Luis Alarcón (Padre di Alcàzar), Roberto Farías (Moderno), Luis Dubó (Facundo), Alejandro Sieveking (Councillor), Catalina Saavedra (Irma), Claudia Celedón (Lucia); produzione: Piranha Films (Chile) – Tchin Tchin Pro- duction (Francia) – Arte (Francia) – Cine Ojo (Argentina) – Ropke Films (Germania); distribuzione internazionale: Films Boutique; origine: Cile, 2012; durata: 97’.


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