The Silence of Others

Su Google, digitando “pacto del olvido”, risultano più di 50.000 pagine, fra queste una pagina di Wikipedia, che però si chiama “pact of forgetting”, dunque in lingua inglese. Entrando in quella pagina si cercano invano voci in altre lingue, la cosa più vistosa di tutte: non esiste una pagina in lingua spagnola! Questa assenza, tuttavia, non stupisce più nessuno, al più tardi dopo aver visto lo splendido documentario, prodotto da Pedro Almodóvar, presentato a Berlino nella sezione “Panorama” e intitolato The Silence of Others, il secondo film (undici anni dopo l’elogiatissimo Made in L.A.) diretto dalla coppia costituita da Almudena Carracedo, madrilena quarantacinquenne ma con studi in California che dal 2012 (e da questo film si capisce perché) è tornata a vivere in Spagna, e Robert Bahar, originario di Philadelphia, che a sua volta pendola fra Madrid e New York. Che cos’è il “pacto del olvido”? È di fatto una legge di amnistia (questa voce di Wikipedia, invece, in spagnolo esiste) firmata da re Juan Carlos di Borbone nell’ottobre del 1977 che in sintesi rimise in libertà (quasi) tutti i prigionieri del regime franchista (e fin qui: il minimo che si potesse fare), ma che al contempo, di fatto, dichiarava non punibili i crimini commessi durante il regime ai più diversi e gravissimi livelli: omicidi, torture, a scendere. Una legge che, magari, sarà servita all’epoca a non inasprire gli animi e ad addolcire il passaggio alla democrazia evitando almeno in parte che l’esercito riprendesse in mano il Paese con un golpe (poi materialmente tentato dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina nel 1981), ma che a distanza di quarant’anni non può non suscitare scandalo. Il film racconta con avvincente acribia e con l’ausilio di un importante numero di testimoni il costituirsi di una serie di iniziative poi cause penali da parte dei perseguitati e torturati del regime, ma anche di parenti delle vittime per ottenere una elementare giustizia, una richiesta che, nel Paese, si scontra inesorabilmente contro, appunto, quella legge, la legge del 1977, tanto che solo dando levatura internazionale all’iniziativa (è la magistrata argentina 81enne, María Romilda Servini de Cubría a impegnarsi in prima persona raccogliendo le testimonianze delle persone coinvolte) provando cioè a configurare le fattispecie in esame come crimini contro l’umanità ovvero genocidio, i ricorrenti cercano di aggirare i limiti di una legge che, reiteratamente, l’ONU ha chiesto ai vari governi spagnoli succedutisi di modificare. Senza esito. Le tipologie di richieste sono sostanzialmente quattro: 1) perseguire ovvero, quando il processo in rogatoria finisce appunto in Argentina, estradare i torturatori ancora in vita, la figura di spicco nel film è il sordido Antonio González Pacheco conosciuto col soprannome di Billy el Niño, cioè Billy the Kid; 2) riesumare i cadaveri sepolti nelle fosse comuni e tramite l’esame del DNA ritrovare le ossa del parente morto e dargli singola sepoltura; 3) ricostruire – e individuare i colpevoli di - tutta la vicenda dei bambini delle ragazze madri rapiti negli ospedali, rapimenti iniziati già negli anni ’30 come azioni eugenetico-politiche (il principale fautore fu l’esportatore dell’eugenetica nazista in Spagna ossia il dottor Juan-Antonio Vallejo-Nágera)e diventate, dai cattolicissimi anni ’50 in avanti persecuzioni di stampo morale ai danni delle ragazze madri; 4) cambiare il nome alle ancora numerosissime strade, piazze, parchi, giardini in giro per la Spagna, a cominciare da Madrid, che recano i nomi di generali, torturatori, slogan riferibili alla dittatura franchista. Il film, che abbraccia quasi un decennio in ordine cronologico e che se la Spagna fosse un paese serio dovrebbe far vedere nelle scuole, segue queste quattro linee, di volta in volta avvalendosi di testimoni che a più riprese ritornano e in certi casi non tornano più perché nel frattempo sono morti, trattandosi, evidentemente, nella media di persone non più giovanissime. Al più tardi, quando il 28 aprile del 2017 – ben dieci (!) anni dopo l’approvazione in parlamento, grazie a Zapatero, della cosiddetta “Ley de la Memoria Histórica de España” - una parte, quella sopravvissuta, dei testimoni assiste commossa, dagli spalti della sala che ospita la Giunta Municipale di Madrid, all’approvazione del “cambio de nombres de 52 calles de referencias franquistas”, la commozione non può non comunicarsi allo spettatore. Fra le strade a cui è stato cambiato il nome c’è anche quella dedicata a Vallejo-Nágera.
(The Silence of Others). Regia: Almudena Carracedo, Robert Bahar; sceneggiatura: Almudena Carracedo, Robert Bahar; fotografia: Almudena Carracedo; montaggio: Kim Roberts, Ricardo Acosta; musica: Leonardo Heiblum, Jacobo Lieberman;produzione: Semilla Verde Productions, New York, Lucernam Films, Madrid; origine: Spagna-Usa 2018; durata: 95’.
