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The Velvet Uderground & Nico - In Dreams Begin Responsibilities.

Pubblicato il 12 marzo 2012 da Emiliano Paladini


The Velvet Uderground & Nico - In Dreams Begin Responsibilities.

Nel marzo del 1967 usciva The Velvet Underground & Nico. Questo è il primo disco dei Velvet Underground. Queste le sue canzoni: Sunday Morning, I’m Waiting For The Man, Femme Fatale, Venus In Furs, Run Run Run, All Tomorrow’s Parties, Heroin, There She Goes Again, I’ll Be Your Mirror, The Black Angel’s Death Song, European Son. E questi i protagonisti: Andy Warhol, Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison, Mo Tucker e la Nico.
The Velvet Underground & Nico è uno dei capitoli fondamentali dell’arte contemporanea. La storia si svolge a NYC, a Est di San Francisco e a Ovest di Londra. Il centro quindi, soprattutto in questi contesti multietnici e di fusione delle arti varie (si dovrebbe partire da New Orleans), lo si sposta a mente a San Francisco per via della crescente importanza della cultura asiatica e di quella australiana in seconda battuta.
In questa storia San Francisco è il centro del mondo non solo per la formazione spontanea di faccende artistiche contigue a quelle dei VU (a loro volta una conseguenza della ricerca artistica newyorkese), ma anche per tutta una serie di altri motivi. Innanzitutto per la considerazione del fatto che, sì, è vero, Frank Zappa e i Velvet Underground hanno suonato assieme e proprio a SF e probabilmente pure altrove (registravano per la stessa casa discografica), e poi perchè è vero che Frank Zappa in California si è costruito una carriera musicale trascendendo dall’apoteosi artistica di Andy Warhol (Grateful Dead e Doors possono ad esempio essere collegati ad Andy Warhol in maniera collaborativa) - Londra, quindi, Cambridge in realtà.
In questa storia Londra rientra solo marginalmente, e solo nella misura in cui ai tempi di The Piper At The Gates Of Down (la conseguenza più immediata del primo disco dei VU dell’agosto del ’67) i Pink Floyd del giovane Syd Barrett erano l’asse portante europeo del movimento di mixed-media analogo a quello newyorkese legato ad Andy Warhol; da cui però la lungimiranza di Roger Waters impose ai Pink Floyd di prendere le distanze in favore di una direzione più descrittiva, musicalmente più raffinata (quello che ha fatto Lou Reed dopo i VU e prima dei Pink Floyd di Meddle) e visivamente parlando più asciutta, contornata, cromaticamente più contrastata, simbolica ma scarica di contenuti vari d’amore.
Di fatto non ci sono canzoni d’amore nei testi dei Pink Floyd. Così al volo ne viene in mente una sola ma è sconcia. O ce ne sono molto poche. E sarà poi proprio quest’ultimo quà un altro gran bel motivo per pensare ai Pink Floyd a seconda delle prospettive come a qualcosa di unico o di di più, di esponenziale rispetto ai lavori dei maestri americani di genere (all’inizio del novecento i maestri erano tutti europei, tipo Liszt, Beethoven e simili) come può esserlo Andy Warhol relativamente al multimedia; o come posono esserlo i contenuti del teatro dei Living Theatre, andando fin oltre i confini delle rappresentazioni de La Fura Dels Baus volendo considerare una delle performances di mixed-media più all’avanguardia al giorno d’oggi. E Syd Barrett, infine, all’interno di questo discorso emerge in tutto e per tutto come una figura molto simile a quella di Angus MacLise, la cui portata artistica complessiva non è però mai stata approfondita. Ma in tutti questi casi siamo già alle conseguenze del primo disco dei VU e ben oltre le grandi linee di un breve giro di premesse - si doveva cominciare di Andy Warhol, comunque. Andy Warhol è tra le tante cose giuste o sbagliate l’anello mancante della fusione tra il rock e il jazz. Lui è l’incarnazione del passaggio dei contenuti musicali dall’uno all’altro genere e viceversa. Warhol lavorava come grafico ideatore delle copertine dei dischi di alcuni artisti di area jazz e doveva per forza di cose conoscere alla perfezione l’ambiente musicale di riferimento e la musica dell’artista di cui andava a comporre il progetto grafico. E la musica jazz ha avuto modo di conoscerla molto bene.
Warhol ha poi portato nel suo nuovo progetto artistico e musicale tutti gli stimoli assorbiti dal jazz e in particolar modo l’improvvisazione, le free forms che cominciarono a stravolgere i confini dello standard rock trasformandolo in un concept completamente nuovo già a partire dal novembre 1965; o ad avvolgerle con lo smooth caratteristico dell’area jazz (Sunday Morning, All Tomorrow’s Parties, I’ll Be Your Mirror, Femme Fatale) quando coi Velvet Underground mise in piedi l’EPI, e in ogni caso prima dei Cream che del jazz assorbirono le ritmiche essenziali (fine 1966, Fresh Cream, il loro primo disco come il secondo singolo dei VU, Sunday Morning), prima del Frank Zappa di Hot Rats (1969, successivamente all’incontro coi VU), e prima di Bitches Brew di Miles Davis (1970, che ha standardizzato la tendenza anche a partire dai lavori di sola contaminazione precedenti a tutto). Col primo disco dei VU è quindi possibile tracciare il percorso esatto di quella danza osmotica dal sapore di musica jazz e musica rock.
Andy Warhol apre però il rock non più solamente al jazz ma al multimedia, alla mescolanza programmatica delle arti della tecnologia e dei generi espressivi più rilevanti. Dal luglio del 1965 al marzo del 1967, tra il demo tape e il master, c’è infatti la stessa differenza che passa tra i brani di Nebraska e quelli scartati per Nebraska e messi in Born In The USA. La qual cosa significa che Warhol ha importato motivi tipo l’editing e la postproduzione massiccia nell’industria discografica derivandoli direttamente dal cinema di cui riusciva a offrire lo show più tecnologicamente avanzato del suo tempo.
Con Lou Reed arrivano le liriche e la tradizione della classica musica rock&roll americana di cui ridefinirà per sempre i confini, e con John Cale gli studi delle avanguardie musicali elaborate ai tempi del Theater of Eternal Music assieme ad Angus MacLise, il primo batterista dei VU, di cui la scorsa primavera 2011 alla Boo-Hooray Gallery di NY è stata organizzata una mostra che col titolo Dreamweapon illustrava i CDs ristampati appositamente e i gioielli della ricerca artistica elettronica americana alla cui creazione aveva contribuito lo stesso MacLise e ora raccolti e depositati alla Yale Collection Of American Literature (l’ultima traccia del primo disco dei VU è dedicata allo scrittore di ricerca Delmore Schwartz).
MacLise fu però sostituito da Maureen Tucker prima delle registrazioni del disco, e a partire dal gennaio 1966 Warhol introdusse la Nico (alla sua prima uscita coi VU) all’ UpTight del suo show multimediale coi VU (Exploding Plastic Inevitable: 4 spazi riempiti con luci, multiscreen,video, fotografie e films dei VU, Nico, Warhol e uno per altri artisti; e la presenza performante di ciascuno di loro nei relativi spazi considerati) per la NY Society For Clinical Psychiatry realizzando assieme uno una dimostrazione sull’evoluzione delle ricerche e degli studi artistici allineati in maniera pressochè perfetta alle nuove tendenze degli studi neurobiologici sulla percezione artistica (Marshall McLuhan lo terrà presente nel suo saggio The Medium Is The Message).
La Nico è un’attrice, una figurante, un’interprete di cui personalmente è difficile valutare il peso professionale. E’ stata una delle prime modelle utilizzate per cantare la perfetta intonazione del fatuo, del provvisorio di cui lei era l’immagine vivente e l’incarnazione dell’interpretazione del design sfrenato di cui Warhol aveva bisogno per sistemare nel progetto finale la fatalià e la leggerezza dell’essere contemporaneo - tanto più leggero ed etereo quanto più scura l’emozione da calcolare (foto: fermo immagine del film di Ronald Nameth: The Exploding Plastic Inevitable - Andy Warhol’s multiscreen/mixed-media environment. Si ringrazia Hugh McCarney della Western Connecticut State University - www.wcsu.edu, http://people.wcsu.edu/mccarneyh/fv...).


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