The Walking Dead - Stagione 2

Cominciata sotto gli auspici dello sceneggiatore e regista Frank Darabont, la serie The Walking Dead è giunta alla fine della seconda stagione. Il subentro di un team di sceneggiatori “capitanati” da Glen Mazzara al posto di Darabont dopo la prima stagione ha attirato sulla serie di punta della AMC, specialmente per quanto riguarda le prime puntate, alcune polemiche: troppe chiacchiere, poca azione, soprattutto troppi pochi “walkers”, “erranti”, come vengono chiamati dai protagonisti i buoni vecchi zombi.
Se però la prima stagione era come un ottimo film sul genere suddiviso in puntate, di cui alcune – come la prima – di qualità stupefacente, la difficoltà, nonché il “fascino”, di fare una serie TV sui morti viventi si manifesta proprio nella seconda stagione che, in linea con gli intenti degli autori del fumetto da cui la serie è tratta – Robert Kirkman, Charlie Adlard e Tony Moore – utilizza gli zombi come il pretesto per ipotizzare e analizzare le reazioni umane troppo umane dei sopravvissuti all’apocalisse. Così la scomparsa e la ricerca della piccola Sofia, che va avanti per molte puntate, non è che la soglia su cui inizierà la separazione dei due personaggi principali, il vice-sceriffo Rick e il suo ex- collega e migliore amico Shane, che si ergono presto come i due paradigmi della sopravvivenza “eticamente sostenibile” e come simboli del potere demandato dalla comunità agli uomini forti in grado di proteggere il loro gregge e prendere decisioni per tutti. L’ambiguità di questa situazione “autoritaria” è perfettamente voluta dagli sceneggiatori; che giocano a lungo sulla divisione tra i due (sorretta dalla sottotrama sentimentale in cui Shane ama Lori, moglie di Rick) in chiave propriamente politica. Rick, sceriffo e protagonista senza macchia, emblema dell’ “individualismo” americano per cui ogni persona va protetta ad ogni costo, nessuno lasciato indietro: la vita di un innocente val bene il sacrificio di un eroe. Shane, sempre più ambiguo e oscuro, tramatore nell’ombra, fautore del bene di tutti a scapito di chi si troverà suo malgrado a minacciare con la propria debolezza la sopravvivenza della comunità. Lo spettro del comunismo sulla Bible Belt invasa dagli zombi. Ma le cose non sono così semplici e nette, e l’impossibilità di proteggersi dagli Erranti ribalta le carte in tavola e mira direttamente, verso le ultime puntate e specialmente nel mozzafiato finale di stagione, al cuore del problema della serie e del fumetto stesso: nessuno può restare puro in un mondo del genere, soprattutto in presenza di un figlio, una moglie ed un bambino in arrivo da proteggere. Come nell’altra ed insuperabile serie della AMC, Breaking Bad - a cui si strizza l’occhio con le metanfetamine blu del cattivissimo Merle - ogni azione ha una conseguenza e una strada da percorrere che ne deriva direttamente, in una catena causa/effetto totalmente stringente ma che si rivela solo con il passare del tempo. Diversamente da Breaking Bad, la cui crudeltà raggiunge nel finale una “perfezione” inesorabile, The Walking Dead ha lasciato per ora spazio al persistere della speranza nella forma dei buoni sentimenti: alle volte in maniera abbastanza toccante - l’impegno inarrestabile di Dale affinché un prigioniero ritenuto pericoloso venga risparmiato, quasi una versione perdente di La parola ai giurati – alle volte in modo apparentemente più naif, come nella scelta di Lori di tenere il bambino di cui è incinta, perché per un americano un aborto è pur sempre peggio di un mondo invaso di morti bramosi di carne umana. Ma niente può essere, per ora, dato per scontato, soprattutto da chi conosce la china che prenderanno i fumetti più o meno da questo punto. Certo, finora la serie TV ha fatto più cambiamenti all’opera da cui è tratta degli aspetti che ha invece mantenuto. Ma non ci si può che chiedere se l’ultraviolenza e la disperazione che contraddistinguono il lavoro di Kirkman, Adlard e Moore – simile per molti versi a La Strada di McCarthy - troveranno pieno spazio in una serie televisiva, per quanto vietata ai minori.
Per ora, al di là di qualche chiacchiera di troppo e di qualche tempo eccessivamente dilatato, il livello resta molto alto, anche e soprattutto stilisticamente: la sparatoria contro i “briganti”, la scazzottata tra Rick e Shane in mezzo agli zombi, l’inizio dell’ultima puntata dal punto di vista dei morti viventi.
Ma soprattutto il grande scontro finale tra amici/nemici al chiaro di luna, un vero duello western come anche al cinema se ne vedono ormai raramente.
