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Ti amerò sempre

Pubblicato il 6 febbraio 2009 da Antonio Pezzuto


Ti amerò sempre

‘Il y a longtemps que je t’aime’ parte da una sola idea. Le verità non sono mai quello che appaiono, dietro ogni gesto ci possono essere mille ragioni. E questo bisogno di relativizzare tutto, lo abbiamo anche davanti al gesto che appare come il più esecrabile. Essere d’accordo o meno con questa posizione è questione di coscienza individuale. C’è chi giustifica, per esempio, la legittima difesa e chi no. Chi pensa di dover salvaguardare a tutti i costi la vita e chi è a favore dell’eutanasia. E merito del film è l’aver voluto metterla in scena, questa dinamica, e di chiarirla, in una sequenza nella quale la giovane sorella professoressa si infuria con i suoi allievi parlando a proposito dell’assassinio della vecchia ad opera di Raskol’nikov in Delitto e castigo.
Il crimine qui commesso è il più feroce che si possa immaginare: l’assassinio del figlio da parte della mamma. Un bambino di sei anni. E non è un caso, quindi, che questo film abbia vinto il premio della giuria ecumenica.
Regista di questo film è Philippe Claudel, che per il suo esordio dietro la macchina da presa, ha scelto, come attrici principali, una intensa Kristin Scott Tomas e una bravissima Elsa Zylberstein, ed ha tirato fuori un film un po’ troppo consolatorio, ma dall’andamento crudo, lineare e chiaro. Ma andiamo con ordine.
Juliette (Scott Tomas) esce dalla prigione dopo 15 anni in cui nessuno la è mai andata a trovare. Ha commesso un delitto, non si è difesa durante il processo. La pena sembra non essere finita. La pena non finirà mai. Non parla, la chiamano "la grande assente". Al suo fianco Léa (Elsa Zylberstein), la sorella più piccola, che vive con due bambine adottate perchè non ne voleva uno suo, perchè aveva paura che la crudeltà si potesse ereditare geneticamente, un marito giustamente preoccupato ed un suocero un po’ idiota (ma siamo in un film pacificatore, anche l’idiozia può essere simpatica). Le due sorelle non si sono viste per tutti questi quindici anni. Dopo il crimine, i loro genitori hanno di fatto totalmente cancellato dalla loro vita la sorella cattiva. Dicevano di avere una sola figlia. Adesso il padre è morto, la madre convive con l’Alzheimer in una casa di cura.
Anche Léa, aveva, apparentemente scordato la sorella. Non ne aveva mai parlato alle figlie, non era mai andata a trovarla in prigione. Ma la sua gioia, nel poter aiutarla a reinserirsi nella piccola Nancy, nasconde, sicuramente, altro.
Reinserimento che non è così facile. A partire dalla ricerca del lavoro, tra chi non la vuole proprio per il crimine che ha commesso, chi non la vuole perchè è depressa. Poi gli incontri casuali in birreria con un uomo, il poliziotto depresso che sogna di partire per l’Orinoco, l’uomo con il quale forse potrà nascere una storia più importante, gli assistenti sociali. Sempre con un segreto dentro al cuore che non si vuole (che non si può) svelare. Ma a parte il tema, il film scorre come un normale film francese senza troppe pretese. Ben costruito e ben girato, il suo punto di forza è proprio il tema, sviluppato in modo da raggiungere un target di persone tranquille che dai cinema non vogliono uscire troppo sconvolti.


CAST & CREDITS

(Il y a longtemps que je t’aime); Regia: Philippe Claudel; sceneggiatura: Philippe Claudel; fotografia: Jérome Almeras; montaggio: Virginie Bruant; interpreti: Kristin Scott-Thomas (Juliette), Elsa Zylberstein (Léa), Serge Hazanavicius (Luc), Laurent Grevill (Michel); produzione: UGCYM; origine: Francia, Germania 2007; durata: 110’


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