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Ti ho cercata in tutti i necrologi

Pubblicato il 30 maggio 2013 da Giuseppe Valentino
VOTO:


Ti ho cercata in tutti i necrologi

A quasi trent’anni dalla sua ultima prova da regista (TernoSecco del 1986) Giancarlo Giannini torna dietro la macchina da presa con Ti ho cercata in tutti i necrologi.

Nikita, un italiano fuggito in Canada dopo aver investito un calciatore, è autista in una ditta di pompe funebri. Durante un funerale conosce Braque, un anziano gentiluomo che gli propone un poker in un’opulenta villa. Dopo aver perso ripetutamente al tavolo verde, non potendo estinguere il suo debito, Nikita si vede costretto ad accettare (per venti minuti) di fare da preda in una battuta di caccia all’uomo. Uscito vittorioso dall’esperienza, in cambio di denaro, si propone come bersaglio in altre battute di caccia. La pericolosità del gioco e la conoscenza della misteriosa Helena, complicheranno ulteriormente la situazione.

Film stravagante questo Ti ho cercata in tutti i necrologi, a metà tra il noir metafisico e la favola grottesca con venature ironiche. Evocata già dal titolo, la morte è l’assoluta protagonista, e fin dalla prima inquadratura - un acquario immobile all’interno di una sontuosa casa visibilmente in decadenza, quest’aria mortifera la fa da padrona. Giannini dal canto suo però decide di trattare il tutto con la leggerezza e la dolcezza di chi non teme l’estremo incontro con la "belle dame sans merci", ma piuttosto crede e spera in una seconda possibilità, in una metempsicosi. Proprio la reincarnazione è l’altro tema portante, il filo di Arianna che unisce immaginariamente tutte le sequenze di questo ambizioso e originale progetto.

Ti ho cercata in tutti i necrologi, sicuramente spiazza per la sua anarchica rinuncia alle regole, non solo aristoteliche. All’inizio, si ha come l’impressione che tutto o quasi sia fuori posto e troppo eccessivo: recitazione smaccatamente enfatica, dialoghi fra becchini che neanche in un libro di filosofia. Una delle prime inquadrature ad esempio, una gru che parte dal lastricato di una piazza ricoperta di foglie autunnali e sale fino a scoprire una chiesetta dove si è appena svolto un funerale, appare come un immotivato atto di forza, un’esternazione di mezzi tecnici non richiesta. Man mano che il film scorre, però, ci si accorge che ogni singolo elemento è il piccolo ingranaggio di una macchina, gestita sapientemente dal suo autore. Sembra quasi che Giannini si sia divertito a utilizzare del materiale convenzionale per creare qualcosa di veramente nuovo. L’operazione richiama alla memoria il sublime lavoro di terrorismo sui generi portato avanti per anni dal mai troppo ricordato Lucio Fulci. Proprio col piglio dello sperimentatore, l’attore- regista cerca di costruire la sua favola nera, la sua lotta tra bene e male fuori dal tempo e dallo spazio. Eros e Thanatos si mischiano in un gioco di specchi fino alle estreme conseguenze. Helena (nome non casuale, un’altra Elena molto più famosa è la causa della leggendaria guerra narrata da Omero), con la sua aria innocente da bambina capricciosa, scompiglia le carte e, spingendo il pedale di un perverso gioco di morte, porta alla distruzione il povero Nikita e se stessa. Personaggio sfaccettato e complesso questa Helena, nell’arco di poco meno di due ore subisce molteplici trasformazioni: da vacua e infantile, a menade mangiatrice di uomini, a donna angelo. Vittima del suo stesso gioco, l’Helena della bravissima Silvia De Santis, è il punto di forza dell’intera operazione. La sua costruzione, questo alternarsi di tenerezza, ingenuità e perversione femminile, ricorda vagamente la Nina interpretata da Florinda Bolkan in Metti una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi (1969). Film ricco di citazioni cinematografiche: da M - Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang (1931), le cui immagini campeggiano in un televisore all’interno della casa di Nikita, a La pericolosa partita di Irving Pichel e Ernest Beaumont Schoedsack (1932), alla cui trama sembrerebbe vagamente ispirarsi Giannini. Anche il mondo dell’arte viene ampiamente omaggiato, a cominciare dai nomi dati ad alcuni personaggi, Braque, Bruegel. Bruegel in particolar modo, e il suo Cacciatori nella neve (1565) è chiaramente citato in una delle scene. Carico di simbolismi ed allegorie karmiche: la mela e il bruco che generano la farfalla, il costume da coniglio indossato da Nikita nell’ultima battuta di caccia, che presagisce la sua nuova nascita, il nuovo destino, il film giunge alla pittoresca e naïve scena finale, dove ineluttabilmente il fato dei tre personaggi è destinato a compiersi nuovamente. Opera indubbiamente complessa e forse non completamente riuscita (alcune sequenze sono troppo lunghe, personaggi e snodi narrativi poco chiari), ma profondamente coraggiosa, ricca di spunti di riflessione e di trovate forse a volte singolari, ma decisamente interessanti. Da vedere!


CAST & CREDITS

(Ti ho cercata in tutti i necrologi); Regia: Giancarlo Giannini; sceneggiatura: Luca D’Alisera, Ludovica Rampoldi, Massimo Guglielmo; fotografia: Giovanni Fiore Coltellacci; montaggio: Roberto Perpignani; musica: Adriano De Santis; interpreti: Giancarlo Giannini, F.Murray Abraham, Silvia De Santis, Mary Asiride; produzione: Magalì Production, Dean Film, Rai Cinema; distribuzione: Bolero Film; origine: Italia, 2013; durata: 90’


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