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Tomboy

Pubblicato il 7 ottobre 2011 da Annalaura Imperiali
VOTO:


Tomboy

Il tatto è un senso d’altri tempi.

Esso rappresenta chi decide deliberatamente di trattare questioni e/o argomenti delicati e ha la capacità di farlo con altrettanta delicatezza.

Ecco, Celine Sciamma, nel suo secondo lungometraggio e nel suo ultimo capolavoro di psicologia, incarna proprio questo concetto di tatto che prevede la dolcezza nell’affrontare il mondo infantile e al contempo la determinazione nel tracciare la giustizia o meno delle strade intraprese e delle pieghe verso le quali ciascun bambino, nel corso della propria personale formazione di vita, pende più o meno vistosamente.

Tomboy è un racconto piuttosto breve ma anche piuttosto concentrato: nell’arco di 82 minuti di pellicola, la Sciamma mostra che cosa sia il difficile percorso dell’infanzia nel momento di passaggio all’età dei dieci anni circa, durante i quali ci si comincia a sentire un po’ meno piccoli e un po’ più grandi senza sapere esattamente ancora cosa si sta lasciando e a che cosa si sta andando incontro. Ed è esattamente questo l’argomento di Tomboy: Laure, piccola donna che cresce, è una giovanissima francese che si trasferisce con la propria famiglia in un nuovo quartiere di Parigi e che decide, di punto in bianco e senza dare nessuna spiegazione in merito, di cambiare identità e di fingersi un maschietto, Mickael. Con un’irruenza tipicamente mascolina e con un aspetto ancora indefinito che la fa essere, pur se dolce nei lineamenti, comunque difficilmente identificabile nel sesso d’appartenenza, Laure-Mickael si fa accettare dal gruppo dei nuovi bambini di zona che la include al suo interno. Ma i problemi cominciano a sorgere con l’incombenza dell’inizio della scuola e soprattutto con un rapporto alquanto particolare che Laure-Mickael istaura con una bambina più o meno coetanea, Lisa…

La forza di questo film sta nell’attento studio dell’inconscio infantile e della scoperta da parte del mondo dei piccoli della propria sessualità vista, come è giusto che sia ad un certa età, come un tabù eccitante e al contempo difficile da gestire.

Si tratta indubbiamente di un argomento sentito e risentito di per sé, a partire da Freud il quale credendo che la libido si sviluppasse negli individui cambiando oggetto, ha argomentato che gli esseri umani nascessero "polimorficamente perversi", volendo con ciò significare che qualsiasi oggetto può essere per loro sorgente di piacere, e che essi passassero attraverso differenti stadi di sviluppo identificati nella fase orale (piacere del neonato nell’allattamento), in quella anale (esemplificata dal piacere del bambino nel controllo della defecazione) e per finire in quella genitale o fallica. “Ogni stadio - a parere del grande studioso - è una progressione della maturità sessuale, caratterizzata da un Ego più forte e dalla capacità di ritardare la soddisfazione dei bisogni”.

Ma la particolarità di Celine Sciamma sta proprio nel forte impatto visivo: trattando con discrezione un tema complesso da avvicinare, ella si muove con passo felpato lungo le pareti di un cosmo tutto in divenire e interamente proiettato verso la scoperta di sé e dell’altro nell’incontro-scontro tra generi diversi che si osservano come animali prima di un alterco istintuale.

Il discorso fila liscio come l’olio e l’aspetto più prettamente cinematografico trova un ottimo risvolto dovuto ad una serie di fattori concomitanti tra cui una filosofia produttiva, fatta di un budget non troppo alto e di una troupe ristretta per concepire il progetto con velocità e vigore, e un meccanismo efficiente che si basa sulla sempre interessante storia di un personaggio, in questo caso quello della protagonista, che ha un’identità segreta.

Segue a queste caratteristiche un prodotto finale, Tomboy, che custodisce nello stesso momento la leggerezza di un film scorrevole e piacevole da vedere e la forza di un argomento profondo e variegato come quello dell’esplorazione dell’identità mischiata alla sessualità e all’incommensurabile universo puerile.


CAST & CREDITS

(Tomboy) Regia: Céline Sciamma; soggetto e sceneggiatura: Céline Sciamma; fotografia: Crystel Fournier; montaggio: Julien Lacheray; interpreti: Zoé Héran (Laure/Mickäel), Malonn Lévana (Jeanne), Jeanne Disson (Lisa ), Sophie Cattani (madre di Laure), Mathieu Demy (padre di Laure); produzione: Bénédicte Couvreur/Hold Up Films & Productions in co-produzione con Arte France Cinéma, Lilies Films, con il supporto di Région Ile-De-France, in collaborazione con CNC, con la partecipazione di Canal Plus, Arte France, in associazione con Arte/Cofinova 6, Films Distribution; distribuzione: Teodora film, Spazio Cinema; origine: Francia, 2011; durata: 82’.


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