Trilli e il tesoro perduto

Ennesimo spin-off firmato Disney. Ennesima debole favoletta per l’home video, destinata in questo caso anche ad una ristretta distribuzione in sala.
Potevamo anche farne a meno di questo Trilli e il tesoro perduto, non tanto per i suoi evidenti limiti artistici, ma proprio per l’inutilità di riportare sullo schermo la piccola fatina amica di Peter Pan. Già era successo l’anno scorso con l’opera che portava il nome del personaggio stesso e, non abbiamo dubbi, ci era già bastato. Trilli era un perfetto prodotto da home video, studiato per il pubblico più giovane, soprattutto femminile: i colori brillanti sfavillavano sul piccolo schermo, era un continuo volteggiare di fatine, c’era avventura, si parlava di amicizia. Si trattava della classica azione commerciale della Disney, furba a ripescare personaggi collaterali dei suoi vecchi film e renderli per una volta protagonisti unici. La storia era sicuramente esile ed aggiungeva poco o niente alla figura dell’ammaliante fatina bionda dell’isola-che-non-c’è, ma nel complesso si trattava di una pellicola onesta e sincera che poteva ampiamente divertire i più piccoli.
Purtroppo questo sequel – se così possiamo definirlo, dato che si tratta comunque di una storia indipendente dall’opera precedente – si presenta ancora più fragile. Il problema principale risiede nel racconto, che è costruito su uno spunto che poteva essere esaurito in un semplice cortometraggio. Il film ne risente pesantemente e la narrazione appare senza ritmo, dilungata, privo di interessanti ed importanti figure di contorno (solo la dolce lucciola Brillo funziona), mancante di punti di svolta, troppo reiterativo nella parte centrale.
Neanche la confezione riesce a salvare il film. Esso infatti si propone come un ibrido che non riesce a sprigionare una vera e propria anima. Stilisticamente la pellicola si situa in bilico tra l’animazione in vecchio stile Disney e la nuova prospettiva firmata Pixar: da una parte sfrutta le nuove tecniche digitali e si allontana dal bidimensionalismo visivo del passato, dall’altra invece fa forza su una dimensione narrativa favolistica molto classica, che ha ben poco a che fare con il “nuovo corso” – maturo, adulto, a volte politicamente scorretto, ricco di sottotesti e di tematiche sociali – dell’animazione del ventunesimo secolo. Tra l’altro si assiste anche ad espliciti riferimenti al cinema passato e a quello contemporaneo: Trilli infatti parte per la sua avventura vestendosi come Peter Pan e sale su una mongolfiera particolare che richiama chiaramente la casa volante dell’ultimo capolavoro Pixar Up.
Pur ponendosi, però, in questa posizione di medietà tra passato e presente, Trilli e il tesoro perduto manca di quasi tutti gli elementi di forza di entrambe le poetiche. Oltre alla banale costruzione dei personaggi e all’assenza di divertenti figure di contorno, si avverte la mancanza dei momenti musicali, di dialoghi dissacranti, di sequenze appassionanti e soprattutto di emozioni – elemento quest’ultimo che non dovrebbe mai mancare in una favola per bambini.
Forse è inutile aspettarsi troppo da un film destinato principalmente alla visione casalinga, ma la Disney anche nel settore Home Video ha sempre realizzato prodotti di buona o decente fattura. Cosa che non è in alcun modo Trilli e il tesoro perduto.
(Tinker Bell and the Lost Treasure) Regia: Klay Hall; sceneggiatura: Evan Spiliotopoulos; fotografia: ; montaggio: Jeremy Milton; musica: Joel McNeely; produzione: DisneyToon Studios; distribuzione:Walt Disney Picture; origine: USA; durata: 81’.
