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Trilogia della villeggiatura

Pubblicato il 12 aprile 2008 da Luigi Coluccio


Trilogia della villeggiatura

Roma, Teatro Valle - Niente smanieavventure in questa trilogia. Né tantomeno un ritorno –piuttosto si dovrebbe parlare di regressione, riflusso. Quel che rimane, alla fine, non è, azzardiamo a scrivere, nemmeno Goldoni...

Trilogia della villeggiatura , spettacolo di Toni Servillo prodotto dal Piccolo di Milano e da Teatri Uniti, evento da tutto esaurito nel capoluogo lombardo, è un giocattolo da maneggiare con cura. Scriviamo subito a difesa dell’attacco del nostro pezzo: quello che il pubblico ha di fronte non è Goldoni. O meglio, non il Goldoni malinconico o il fine chirurgo delle ipocrisie medio borghesi, e nemmeno il commediografo riformatore o lo scrittore capace di veri e proprio voli pindarici di stampo linguistico tra il veneziano, il fiorentino e l’informe italiano dell’epoca. Il Goldoni che viene evocato sul palcoscenico del sempre splendido Teatro Valle è il creatore di splendidi zanni, di scherzi e raggiri che prendono però le mosse da una sottile interpretazione psicologica dei differenti “tipi” umani, di complicate architetture drammaturgiche volte a scatenare l’equivoco, il malinteso, lo scambio di persona, la zuffa e la diatriba amorosa. Ma già con ciò, potrebbe asserire qualcuno, ce ne sarebbe di carne al fuoco –stiam sempre disquisendo del Goldoni, che insieme a Pirandello e De Filippo compone la Sinarchia del teatro italiano... Proprio per una riflessione del genere abbiamo scritto poco sopra che questa Trilogia è un giocattolo da maneggiare con cura. Sarebbe impensabile inscrivere una così poco mirata (ri)lettura dell’autore settecentesco addosso ad un attore/autore come Toni Servillo: a teatro ( Guernica , 1985; Zingari , 1993; Il misantropo , 1995; Sabato, domenica, lunedì , 2005 –solo per citare alcuni suoi grandi successi di critica e pubblico) come al cinema ( Morte di un matematico napoletano , 1992; Teatro di guerra , 1998; L’uomo in più , 2001; Le conseguenze dell’amore , 2004 –anche qui peschiamo a caso tra i suoi diversi lavori in celluloide) Servillo ha da sempre dimostrato una profonda conoscenza delle più infime sfumature della psiche umana come delle più disparate cifre estetiche –anzi, arriviamo ad affermare che proprio un’esatta commistione di queste due sfere ha portato al grande successo del Servillo attore/autore. Dove sta, quindi, la colpa, o meglio, la responsabilità di una così leggera riproposizione del Goldoni? Forse, solo nel nostro sguardo.
Già dalla compressione operata da Servillo sembra scaturire infatti l’intima essenza dell’operazione: proporre tutta la trilogia in un’unica tranche –al di là degli evidenti omaggi storici a quel gigante che è Strehler- non può che portare ad una veloce, ma non per questo superficiale, ricognizione di quegli sterminati libri del mondo e del teatro che racchiudono, e che sono racchiusi, nella Trilogia della villeggiatura. La superficialità che avrebbe attanagliato un artista meno esperto di Servillo si trasforma nell’attore/autore campano in parzialità: parzialità di rilettura, parzialità di visione, parzialità di senso. Il Goldoni disatteso diviene il Goldoni ritrovato: attraverso un insistere sull’emotività più primitiva Servillo ci mostra come questo motore primo divenga casus belli nell’intima sfera familiare, nel sociale, perfino in campo economico. E di come, alla fine, anche l’emotività più irrazionale e, perché no?, estetica, venga travolta e ammutolita e divelta proprio dalla razionalità della vita, dal chiacchiericcio della città, dalle spese della villeggiatura.
Questa vera natura della lunga pièce di Servillo viene rimarcata dal ruolo che lo stesso autore si riserva: quel Ferdinando dinoccolato, parassita e mattatore che si fa simulacro dell’idea stessa che sottende a questo adattamento –e i cui panni Servillo indossa a meraviglia, tanto da meritarsi scroscianti applausi ad ogni apparizione.
Attorno al Servillo/Ferdinando tessono la loro tela di amori e intrighi una serie di interpreti tutti a loro agio nei ruoli e nelle “tinte” che ogni singolo atto possiede: da una risoluta e sensuale Giacinta (Anna Della Rosa) ad un frenetico Leonardo (Andrea Renzi), da un flemmatico Guglielmo (Tommaso Ragno) ad una scoppiettante Vittoria (Eva Cambiale), da un divertito Filippo (Paolo Graziosi) ad uno ieratico Fulgenzio (Gigio Morra). Se il Servillo interprete di Goldoni sembra vacillare sotto un’unica, risoluta, lettura dell’opera dell’autore veneziano, il Servillo regista è di ben altro spessore: ritmo, un’estetica mai fine a sé stessa e una calibratissima direzione degli attori contraddistinguono il suo ottimo lavoro.
Un’attentissima costruzione scenica scaturisce sia dalle Avventure –quelle luci che appiattiscono e atterriscono tutto e tutti; lo splendido Ferdinando di Servillo disteso su di un tavolino come simbolica apertura della villeggiatura- che dal Ritorno –i tuoni ossessivi eppure mai paurosi, piuttosto spargitori di tristezza, solitudine; quegli ombrelli accatastati gli uni sugli altri in un angolo; quel letto da interno fiammingo piazzato in mezzo alla scena-, merito di una fruttuosa collaborazione tra il Servillo regista, Carlo Sala (scene) e Pasquale Mari (luci). In definitiva, uno spettacolo importante, capace di restituirci interamente la bellezza delle donne e degli uomini scritti da Goldoni. Ma ciò è solo una minima parte di quegli infiniti ritratti e antiritratti presenti nei libri del mondo e del teatro di cui è stato fautore lo scrittore veneziano.


Di: Carlo Goldoni Adattamento e Regia: Toni Servillo Scene: Carlo Sala Costumi: Ortensia De Francesco Disegno luci: Pasquale Mari Suono: Daghi Rondanini Aiuto Regia: Costanza Boccardi Con: Andrea Renzi, Frnacesco Paglino, Rocco Giordano, Eva Cambiale, Toni Servillo, Paolo Graziosi, Tommaso Ragno, Anna Della Rosa, Chiara Baffi, Gigio Morra, Salvatore Cantalupo, Betti Pedrazzi, Mariella Losardo, Giulia Pica, Marco D’Amore Produzione: Teatri Uniti, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa Web Info: Teatro Valle, Piccolo Teatro di Milano, Teatri Uniti, Toni Servillo


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