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Tuan Yuan (Apart Together) - Berlino 2010 - Concorso

Pubblicato il 12 febbraio 2010 da Matteo Galli


Tuan Yuan (Apart Together) - Berlino 2010 - Concorso

Era dal 1994, dai tempi di Mangiare, bere, uomo, donna di Ang Lee che non si vedeva così tanto cibo in un film proveniente dall’Estremo Oriente. Intorno alle tavole apparecchiate, ai brindisi, alle cerimonie e ai silenzi, agli scatti d’ira e accensioni di improvvisa ilarità conviviale si consuma il dramma raccontato in Apart Together da Wang Quan’an, il regista quarantacinquenne, chiamato ad inaugurare la Berlinale del 2010, tre anni dopo aver vinto l’Orso d’Oro con Il matrimonio di Tuya. Anche qui, come nel film precedente, la protagonista è una donna Qiao Yu’e (interpretata dalla veterana Lisa Lu che abbiamo rivisto di recente in 2012 e più di vent’anni fa ne L’ultimo imperatore di Bertolucci), sospesa fra due uomini: da un lato il brav’uomo con cui ha condiviso una vita intera, le fatiche del quotidiano, la cura della famiglia, e dall’altro il grande amore del passato, che dopo più di cinquant’anni torna con una lettera a farsi vivo. Sono finalmente arrivati i tempi per un timido tentativo di riconciliazione fra la Cina Popolare e Taiwan, e Liu Yansheng (interpretato dall’attore e cantante Ling Feng, ma il regista in prima battuta aveva pensato per il ruolo al collega taiwanese Hou Hsiao-hsien), insieme a un gruppo di veterani del Kuomintang di Chiang Kai Shek, può finalmente rimettere piede nell’avita Shanghai e appunto riallacciare i contatti con la donna amata, abbandonata tanti anni prima con un figlio piccolo. Accolto con grande gentilezza dall’intero clan della donna (solo il figlio non riesce proprio a parlarci con questo padre revenant) prelibate squisitezze gastronomiche e persino con la banda, Liu Yansheng non tarda a manifestare il suo intimo proposito: portarsi via Qiao Yu’e, trascorrere con la donna amata gli ultimi scampoli di vita a Taiwan. Florentino Ariza e Fermina Daza reloaded? L’amore ai tempi della guerra civile? Nient’affatto. Malgrado l’estrema disponibilità – almeno apparente - del marito e l’arrendevolezza di figli e cognati, ingolositi dalla promessa di una cospicua regalia da parte del veterano, il progetto fallisce quando il marito cade vittima di un’emorragia cerebrale, rischiando di lasciarci la pelle. E’ lì che Liu Yansheng capisce che deve fare un passo indietro. Dopo una straordinaria scena conviviale di commiato in cui i tre mangiano e bevono, ridono e cantano insieme – quanto di più dionisiaco il controllatissimo galateo cinese consenta - il veterano se ne riparte, scosso dai singhiozzi. E i veri reduci adesso sono loro, i vecchi sposi: lui ormai, mezzo rintontito sulla sedia a rotelle, lei affranta e abbandonata da figli e nipoti per i quali aveva preparato l’ennesima serie di prelibatezze, trasformatesi nella panoramica con cui si chiude il film in una desolata natura morta. Il valore del film è dato dalla capacità del regista e del direttore della fotografia, il tedesco Lutz Reitemeier (collaboratore fisso di Wang Quan’an), di coniugare una narrazione marcatamente teatrale, quasi da Kammerspiel, là dove si consuma il trattenuto dramma di questo inusuale, senile eppur vivacissimo, triangolo amoroso, con uno sguardo etnografico, in tutte le numerose scene in cui la protagonista del film diventa Shanghai, fotografata con una luce diafana e lattiginosa, sospesa fra passato e futuro, fra la residualità rurale e pre-moderna dei sobborghi e l’ipermodernità di torri e grattacieli, guardati sempre con occhio distaccato e impartecipe, in campo lungo, come dimostra e contrario una delle scene più divertenti del film, quella in cui i veterani vengono portati in pullman a fare un giro turistico con tanto di guida col megafono e la macchina da presa si limita a inquadrare le teste che ora guardano a destra, ora a sinistra, come in una partita di tennis, senza mai farci vedere che cosa c’è là fuori.
Basato su una storia vera, seppur abbondantemente trasformata dal regista, Apart together è un film importante anche sul piano ideologico perché fornisce un contributo ad un delicato processo di riconciliazione nazionale e getta un ponte fra le due Cine. E che la Cina Popolare, dove il film tuttavia non è ancora uscito, abbia impiegato una sola settimana a dare il visto di censura vorrà pur dire qualcosa.


CAST & CREDITS

(Tuan Yuan) Regia: Wang Quan’an; sceneggiatura: Wang Quan’an, Na Jin; fotografia: Lutz Reitemeier; montaggio: Wu Yixiang; costumi: Zhang Min; interpreti: Lisa Lu (Qiao Yu’e), Ling Feng (Liu Yansheng), Xu Caigen (Lu Shenin); Monica Mo (la nipote); Ma Xiaoqinq (la figlia maggiore); Na Jin (la figlia minore); Yu Baiyang (il figlio); produzione: Lightshades Filmproductions Beijing; origine: Cina; durata:93’.


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