Tutta la vita davanti
Dopo la breve e poco apprezzata parentesi storica di N- Io e Napoleone, Virzì riprende il discorso mai interrotto sull’Italia di oggi, con le sue contraddizioni, le ingiustizie, la precarietà politica, sociale, economica e morale di un Paese sull’orlo del baratro, incapace di risollevarsi dalla profonda crisi globale in cui è caduto. Lo sguardo dell’autore è sempre filtrato da un’ironia di fondo che sdrammatizza e punge allo stesso tempo; non giudica né compatisce: osserva, partecipa e spera, per quanto flebile possa apparire questa speranza. La commedia, il genere che lo ha reso popolare a partire dal coinvolgente e malinconico Ferie d’Agosto, passando per il lucido Ovosodo, per Baci e Abbracci e Caterina va in città – tutt’altro che semplici parentesi in un itinerario autoriale che lascia inequivocabili segni di una poetica viva – è il mezzo attraverso il quale il regista livornese narra con poca indulgenza, ma senza eccessiva severità i sogni e le speranze, i vizi e le virtù di un popolo complesso e variegato come quello italiano; in Tutta la vita davanti, film ironico sin dallo stesso titolo, Virzì tiene ben saldi i cardini del genere, ma vira in una direzione più cinica, grottesca e tragica il tono e le atmosfere del racconto.
Come nel succitato Ovosodo, il punto di vista degli autori (collabora alla sceneggiatura il fedele Francesco Bruni) si identifica con un personaggio candido, fresco e un po’ ingenuo che deve fare i conti con un contesto estraneo ed indifferente, difficile e alienante: un ambiente che rappresenta una tappa obbligata, un passaggio per accedere al mondo adulto, con tutti i compromessi che derivano da questo necessario viaggio di formazione, che prende corpo nel cinema di Virzì sotto la forma e i codici del romanzo.
Per descrivere il senso di precarietà – esistenziale, più che contingente – viene esplorato il mondo di una giovane laureata in filosofia che, dopo aver subito vari rifiuti accademici ed editoriali, trova lavoro come baby-sitter e, contemporaneamente, come telefonista nel call-center di un’azienda che commercializza un elettrodomestico futuribile; entrerà in contatto con una galleria di personaggi che rappresentano un’umanità frustrata, triste e sconfitta, in cui non ha più alcun senso parlare di vittime o carnefici, perché tutti sopraffatti da una inguaribile incoscienza o da patetiche ed illusorie ansie di prevaricazione.
Virzì, come detto, non giudica né propone soluzioni: rimane intatta, vorace e inappagata la sua fame di storie, che si placa soltanto con la messa in scena di narrazioni fluide e coinvolgenti; fiabesche nella presentazione dei protagonisti e nell’uso appassionato di quella voce over tanto ingiustamente condannata dai puristi.
Il cinema dell’autore toscano riparte da un capitolo vivace, caustico e drammatico; sorridere e riflettere: una ricetta tradizionale in grado, ancora oggi, di fare scuola.
(Tutta la vita davanti) Regia: Paolo Virzì; soggetto e sceneggiatura: Francesco Bruni, Paolo Virzì; fotografia: Nicola Pecorini; scenografie: Davide Bassan; montaggio: Esmeralda Calabria; musiche: Franco Piersanti; interpreti: Isabella Ragonese (Marta), Sabrina Ferilli (Daniela), Massimo Ghini (Claudio), Valerio Mastandrea (Giorgio), Elio Germano (Lucio 2), Micaela Ramazzotti (Sonia), voce narrante: Laura Morante; produzione: Medusa Film e Motorino Amaranto; anno: 2008; origine: Italia; durata: 1 h 57’