Tutte le donne della mia vita

Davide, smaliziato chef di mezza età, ripercorre più di dieci anni di vita nello spazio materno e claustrofobico di una camera iperbarica, in seguito ad un embolo che sembra colorirsi di una certa ineluttabilità, ponendosi a suggello di un’esistenza confusa, irrisolta, disordinata e tarata.
Dall’incontro con la misteriosa gourmet Isabella, passando per la biologa ipocondriaca Stefania, fino a giungere alla protettiva Monica, riviviamo, insieme al protagonista, le vicende amorose che hanno insaporito gli ultimi lustri della sua esistenza, al cui vuoto non hanno saputo porre rimedio neanche le prelibatezze dei suoi piatti forti. Un legame intenso quello con la madre Diletta, tanto edipico da rievocarla in occasione di ogni nuovo incontro femminile: ‛Come ti chiami?’, ‘Isabella’ - risponde la donna ammaliata - ‘Incredibile - sospira il famelico chef - proprio come mia madre!’, ripetendo ogni volta il solito schema, riproponendo, nella vita di ogni giorno, il solito menù. Eccezion fatta per la genitrice, la preferita di Davide è, senza alcun dubbio, Monica, la cui pelle profuma di un materno latte di mandorla, che rassicura ed eccita, al contempo, la memoria olfattiva del cuoco focoso. E’ Monica l’unica donna che lascerà impressa nei sensi e nella storia, le tracce di un trasporto non solo fisico - sarà la madre dell’unico figlio – ed il porto felice dove forse un giorno riapproderà.
La coppia Izzo-Tognazzi porta sul grande schermo i cavalli di battaglia delle numerose apparizioni televisive e delle interviste rilasciate ai settimanali rosa: il sesso ed il cibo come espressioni della vitalità più autentica, sana e normale, memori della lezione, a nostro giudizio non appresa fino in fondo, del compianto parente Ugo; così, mentre in quest’ultimo il binomio genialmente trasposto nell’arte del cinema, creava dialettiche grottesche, dissacranti, efficaci e goliardiche, nei due non più acerbi sposi il connubio arte-vita sfocia irrimediabilmente nel kitsch e, a tratti, nel cattivo gusto.
L’inappetenza che proviamo di fronte a pietanze apparentemente succulente, deriva dalla fragilità e dalla insipidezza degli ingredienti strutturali del soggetto poco ghiotto e stuzzicante, controfirmato dal sempre fedele Ricky; l’accentuata stereotipia del personaggio principale manca della benché minima conflittualità interiore; è al palato dell’immaginazione che si concedono le illazioni cui si è sopra accennato.
Più che di commedia vera e propria, sarebbe opportuno parlare di un melò gastronomico - considerati i rarissimi momenti comici - che difetta della stessa mancanza d’identità del protagonista e il cui sapore, ben lungi da quello di un’almodovariana memoria, rimane sciapo e negletto. Il tentativo, più o meno consapevole, di trasporre al cinema i gusti e gli odori di casa (Tognazzi) appare evidente nella piattezza e nell’anonimato della regia – simile a quella di tante fiction nostrane che popolano quotidianamente il piccolo schermo -, ’nell’obbligo’ di far recitare a tutti costi Ricky Tognazzi (qui nei panni del povero Rodolfo) e nello sfruttare il successo internazionale di Se telefonando... scritta, come si sa, da Maurizio Costanzo, ex compagno della Izzo; l’amicizia con alcuni degli interpreti giustifica la presenza di un cast di tutto rispetto nel panorama del cinema italiano, ma ciò non basta a salvare le sorti di un film alla Buona domenica.
(id); Regia: Simona Izzo; sceneggiatura: Graziano Diana, Alexandra La Capria, Simona Izzo; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Massimo Quaglia; scenografia: Davide Bassan; costumi: Catia Dottori; musiche: Ennio Morricone; interpreti: Luca Zingaretti (Davide), Vanessa Incontrada (Monica), Michela Cescon (Stefania), Rosalinda Celentano (Isabella), Lisa Gastoni (Diletta), Ricky Tognazzi (Rodolfo); produzione: Claudio Gaeta; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Italia; durata: 105’
