Tutti insieme inevitabilmente

E’ sinceramente arduo riuscire a capire il motivo per cui un film natalizio debba uscire nel nostro paese circa un mese dopo le festività (cinematograficamente parlando) più importanti dell’anno. Ad esser buoni potremmo pensare ad una sorta di strategia promozionale seguendo la quale il film ci porterebbe a riflettere, a distanza di tempo e soprattutto a mente fredda, sulla frenesia che ruota attorno alle feste natalizie. Ma se invece dovessimo pensar male, non avremmo difficoltà nel credere che l’esagerata offerta natalizia abbia definitivamente chiuso la via ad un prodotto come questo, differente nella sostanza e nell’appeal dai cinepanettoni nostrani, dai blockbuster hollywoodiani o dai cartoons familiari. Salvaguardando le strategie di marketing adottate nell’occasione (d’altronde ogni prodotto va protetto nel modo più adeguato possibile), è altresì importante considerare le possibilità che avrebbe potuto permettere, nel caso in cui un film del genere fosse uscito a ridosso del Natale. Nonostante tutti i suoi difetti e problemi, infatti, quest’ultimo avrebbe probabilmente provocato nello spettatore una risata più leggera di quanto non avvenga in altri prodotti tipici di quel periodo e soprattutto avrebbe permesso una riflessione sul ruolo sempre più marginale che l’istituzione familiare occupa nella società moderna. Pensieri che calzano alla perfezione con il clima conciliante del Natale!
Tutti insieme inevitabilmente parla di una coppia moderna e anticonformista che non pensa al matrimonio, né tantomeno ad interrompere il proprio equilibrio con l’arrivo di un bambino. I due protagonisti interpretati da Vince Vaughn e Reese Whiterspoon si divertono a dribblare le ansie della vita coniugale e a resistere alle pressioni di una società omologata. Sotto una ideale campana di vetro, i due si apprestano a vivere per l’ennesima volta le imminenti vacanze di Natale lontano dai propri cari, ai quali regalano, anche in questa occasione e come ogni anno, la scusa più assurda ed improponibile (andare a vaccinare bambini in Birmania!). Il racconto di questa totale idiosincrasia della coppia nei confronti del calore familiare risulta strana vedendo la parte iniziale del film, salvo poi essere rivalutata ed in parte giustificata nel momento in cui, a causa della mancata partenza verso le Fiji (la vera destinazione) dei due protagonisti, lo spettatore (e la storia) entra in collisione con le stravaganti e bizzarre famiglie della coppia. Non due famiglie, bensì quattro. Quattro nuclei non proprio normali, frutto di separazioni passate e fonte primaria dei dubbi, a questo punto comprensibili, che attanagliano la giovane coppia. Il film da questo momento in poi vive della cronaca di una giornata di festa. Da non considerarsi tale per Brad e Kate però, che loro malgrado sono costretti a vivere momenti di profondo imbarazzo tra rivelazioni di segreti giovanili, umiliazioni fisiche ed improvvise frizioni interne. Tutti problemi che un happy end scontato e banale si porta rapidamente via tra mille rimpianti e recriminazioni varie.
La commedia d’esordio di Seth Gordon vive di momenti gradevoli e attimi assolutamente esilaranti. Questo si deve in primo luogo alla duttilità di un attore come Vince Vaughn, vero trascinatore di un cast forse un po’ troppo spento nell’occasione, ed alla buona capacità del regista nel saper orchestrare un numero incalcolabile di sketch a ripetizione. Momenti efficaci, giocati sull’alternanza tra slapstick comedy e commedia sofisticata, che strappano il sorriso sincero dello spettatore ma che nel complesso si limitano a brillare di luce propria. Quello che infatti manca palesemente a quest’opera è una coesione tra le quattro parti (le visite alle quattro famiglie dei due compagni) che la compongono; quattro grandi involucri, troppo distanti tra loro e al cui interno sorgono degli happening troppo isolati per poter veramente pretendere la fiducia dello spettatore. Quest’ultimo alla fine del film si ritrova così in una posizione di assoluta distanza rispetto ad una storia inesistente e poco incisiva. Il messaggio da recepire, quello accennato in precedenza a favore dell’istituzione familiare, è assolutamente chiaro e diretto nelle intenzioni, arriva comunque allo spettatore nonostante una vena moralizzatrice di sottofondo ne svilisca il senso e lo renda, nella forma, fastidioso e superficiale. Anche l’happy end è il frutto di un lavoro un po’ troppo approssimativo, esso conclude in maniera brusca un’opera cominciata in maniera promettente; con un sarcasmo gradevole ed una irriverenza frizzante a solleticare i primi minuti di visione. Qualità però poco coltivate dagli autori e quindi destinate inesorabilmente a cadere, dopo pochi istanti, sotto i colpi di una sceneggiatura “bucata” e una mise en scene dilettantesca. Un’opera vuota quindi, che all’uscita della sala non lascia nulla nell’animo dello spettatore se non il ricordo di una risata fugace.
(Four Christmases) Regia: Seth Gordon; soggetto e sceneggiatura: Matt Allen, Caleb Wilson, Jon Lucas, Scott Moore; fotografia: Jeffrey L. Kimball; montaggio: Stephen Mirrione; musiche: Alex Wurman; scenografia: Stephen Frankel; costumi: Sophie de Rankoff; interpreti: Vince Vaughn, Reese Whiterspoon, Robert Duvall, Sissy Spacek, Jon Voight; produzione: New Line Cinema, Spyglass Entertainment, Birnbaum/Barber, Wild West Pictures Show, Type a films; distribuzione: Warner Bros. Italia; origine: USA; durata: 87’; web info: http://www.fourchristmasesmovie.com/.
