Un’estate ai Caraibi

Ai microfoni della Close-up Tv Enrico Vanzina ha definito Un’estate ai Caraibi un film onesto. A noi ‘onesto’ sembra l’aggettivo più adatto per descrivere il secondo cinecocomero. Non si tratta di un film eccelso, e sicuramente non rappresenta uno dei punti più alti della carriera dei fratelli Vanzina, però si presenta allo spettatore in modo sincero, cosciente dei suoi stessi limiti; e soprattutto non delude le aspettative, regalando al pubblico ciò che esattamente richiede: due ore spensierate di divertimento.
E’ indubbio che il cinema dei Vanzina in molte occasioni ha perso lo smalto degli inizi, soprattutto negli ultimi tempi (vedi 2061, In questo mondo di ladri), ma è anche vero che i figli del grande Steno sono sempre rimasti fedeli alla loro idea di cinema popolare, attento ai gusti del pubblico, capace di satira di costume, costantemente confezionato in un atmosfera filmica leggera e mai pretenziosa. Facendo opere popolari (che produttivamente significa anche commerciali), è inevitabile e fisiologico, a volte, cadere in prodotti non troppo curati, non perfettamente riusciti, realizzati in modo evidentemente sbrigativo. Ma d’altronde questi sono i rischi del mercato cinematografico e soprattutto di chi, come i Vanzina, non si è mai tirato indietro di fronte alle sfide che il mercato propone. E spesso Carlo ed Enrico queste sfide le hanno vinte. Quella di Un’estate al mare è solo l’ultima vittoria portata a casa, questa volta insieme a Medusa. Fino all’anno scorso, portare il pubblico in sala durante il periodo estivo sembrava missione impossibile. Solo grandi blockbuster americani erano riusciti in passato ad ottenere buoni incassi tra giugno e settembre. Il primo cinecocomero - definito subito così dalla stampa per paragonarlo (e contrapporlo) al cinepanettone natalizio - ha invertito la tendenza ed ha dimostrato che anche la produzione italiana (meglio sé comica) può riempire le sale quando il sole chiama seducente la gente sulle spiagge.
Un’estate ai Caraibi è il tentativo di confermare quanto ottenuto nella scorsa stagione e se possibile anche di migliorarlo. Sarà il pubblico a decidere se premiare o no questo film, ma per ora bisogna ammettere che, da un punto di vista prettamente artistico-cinematografico, un miglioramento c’è stato. Rispetto a Un’estate al mare, questo nuovo cinecocomero è più curato, più attento alla satira di costume ed alla costruzione dei personaggi, ed ha alla base una sceneggiatura più solida e meglio articolata. Si avverte subito un passo avanti nella struttura della narrazione, non più divisa in episodi slegati tra loro, ma costruita su storie intrecciate che si svolgono nella splendida isola di Antigua, ambientazione unica del racconto. Gli ingredienti sono sempre gli stessi, ma è il dosaggio che cambia. Tutto appare sullo schermo ben amalgamato: le bellezze femminili non fanno solo da decorazione ma risultano funzionali allo sviluppo narrativo, la satira di costume sul nostro paese e sugli italiani all’estero (compreso Berlusconi) diverte e coglie gli obiettivi giusti, le coppie comiche dei diversi episodi (quella collaudata Seredova-Izzo, Bertolino-Buccirosso, la doppia coppia interscambiabile Stella-Ruffini-Conticini-Nicole, Proietti ed il piccolo Morgan, e gli straordinari Mattioli-Brignano) dimostrano affiatamento e le diverse storie appaiono complementari. I cinque episodi che compongono il film, seppur tutti sottesi da un’atmosfera alla slapstick, portano sullo schermo ciascuno un aspetto diverso della commedia; Mattioli e Brignano rievocano la commedia all’italiana; Stella, Ruffini e Conticini richiamano la commedia sentimentale giovanilistica; le vicende di Izzo e della Seredova ricordano la comicità macchiettistica dei film anni ’50 alla Steno o alla Mattoli; l’episodio della neo-coppia formata dal napoletano Buccirosso e dal milanese mette in scena situazioni da tipica commedia degli equivoci; ed infine nella storia che vede protagonisti Gigi Proietti (che tra l’altro si autocita, motivando il suo conto al verde con una perdita al gioco causata dall’amicizia con un tale Mandrake che gli ha fatto puntare tutto sul cavallo Soldatino) ed un bambino scopriamo tonalità da commedia malinconica.
Un’estate ai Caraibi non è un film che punta alla risata grassa e facile, ma è un’opera che presenta una comicità leggera, lontana dalle volgarità; una comicità che senza dubbio allieta il pubblico, ma senza entusiasmarlo. Questo secondo cinecocomero, così come il suo capostipite, si discosta dunque molto dai prodotti natalizi firmati De Laurentiis. E’ opportuno sottolinearlo, perché appare sostanzialmente errato l’accostamento con tali pellicole. Nei cinepanettoni, infatti, l’obiettivo è esclusivamente la risata; nei cinecocomeri (soprattutto in questo secondo capitolo), invece, i Vanzina tentano di fare commedia, e quindi di costruire e raccontare storie che, oltre a fare ridere, sappiano anche ritrarre il mondo ed i personaggi di oggi con il giusto tocco di satira. Certo, i livelli di Sapore di mare e di Vacanze di Natale sono lontani anni luce, e sicuramente da qualche episodio (soprattutto da quello con Proietti) ci si poteva aspettare qualcosa di più; ma nonostante tutto continuiamo a concordare con Enrico Vanzina, ed ‘onesto’ ci sembra sempre l’aggettivo più adatto per descrivere Un’estate ai Caraibi.
(Un’estate ai Caraibi) Regia: Carlo Vanzina; sceneggiatura: Carlo ed Enrico Vanzina; fotografia: Claudio Zamarion; montaggio: Raimondo Crociani; musica: Manuel De Sica, Luigi Mas; interpreti: Enrico Brignano, Maurizio Mattioli, Biagio Izzo, Enrico Bertolino, Carlo Buccirosso, Alena Seredova, Gigi Proietti, Martina Stella, Paolo Conticini, Paolo Ruffini; produzione: Medusa Film; distribuzione: Medusa; origine: Italia; durata: 110’.
