Una notte da leoni 2: Bangkok senza ritorno

Dopo l’inaspettato successo della prima sbornia di Una notte da leoni, non poteva mancare un secondo folle addio al celibato, che a un primo giudizio sembra superare il precedente, tanto in spettacolarità quanto in pazzia, forse grazie anche all’ambientazione tailandese.
A due anni di distanza dal matrimonio di Doug, è Stu ad approssimarsi all’altare. Memore (o forse sarebbe più corretto dire immemore) della disastrosa esperienza a Las Vegas, il futuro sposo delude fortemente gli amici quando confessa di non voler organizzare alcun tipo di festeggiamento pre-matrimoniale, suscitando l’indignazione di Phil, il più propositivo e desideroso di evadere la quotidianità della vita coniugale. La vera novità è che le nozze sono celebrate in Thailandia, nazione di origine della bella fidanzata di Stu, il quale non è ben visto dal futuro suocero, che lo considera un codardo paragonabile al chok: una insapore e molliccia pietanza orientale che si dà ai neonati, consistente di mollica di pane ripiena di tiepido riso scondito. Incoraggiato dalla futura moglie, Stu, che è stato costretto suo malgrado a invitare Alan, il pazzoide cognato di Doug, si concede un’innocua serata sulla spiaggia a base di marshmallow, birra e falò in compagnia di Phil, Doug e Alan, con l’aggiunta di Lauren, il fratello sedicenne della sposa. Il risveglio è traumatico: quando Stu (tatuato in faccia), Phil e Alan (rasato in testa) si risvegliano in una lurida e squallida stanza a Bangkok si accorgono che Lauren, il ragazzo prodigio futuro cognato di Stu, è scomparso. Drogati di psicofarmaci ancora una volta da Alan, nessuno ricorda niente e solo dopo innumerevoli e assurde peripezie e il rischio di far saltare il matrimonio, i tre amici, con l’intermediazione di Doug, rimasto con la famiglia della sposa, riescono a ritrovare miracolosamente Lauren (a cui però è stato amputato un dito) e a far si che Stu arrivi sano e salvo (ma con qualche trauma di non poco conto) a convolare a nozze.
La struttura della narrazione di Una notte da leoni 2 rimane quasi invariabilmente la stessa del primo film, ma il gioco sui generi cinematografici diventa più accattivante: alla già rodata commistione tra comico (le innumerevoli battute, slapstick e gag) e azione (gli inseguimenti automobilistici spettacolari), l’exploitation già evocato nel primo emerge e domina la parte più interessante del film raggiungendo i ritmi di un thriller che offre una gamma così ampia e repentina di risvolti che vanno indistintamente dal drammatico al demenziale. Esplicite e numerose sono inoltre le citazioni, tra le quali s’impone quella rappresentata dal cambiamento di Alan, che dopo essere stato rasato sembra assumere le sembianze di Walter, personaggio borderline, ormai di culto, de Il grande Lebowski (al quale Una notte da leoni 2 si ricollega anche per il dito amputato e il finto rapimento) dei fratelli Coen, ai quali Phillips offre un palese tributo (l’ennesimo). Resta tuttavia quello spirito alla Jackass dove l’incoscienza adolescenziale regna sovrana, dato che, come dice Phil «io ho fatto un sacco di stronzate, ma me ne dimentico». Visto che senza memoria non ci sono né evoluzione, né valori, ma solo istinti, questo gruppo di amici vivrebbe costantemente su un baratro se non fosse per la salvifica tragedia del matrimonio. Il totale abbandono alle proprie pulsioni, attivato anche questa volta dagli psicofarmaci, conduce ancora il gruppo, e in particolare Stu (che da cosciente è il più controllato e represso di tutti), alla perdita totale dell’identità e di un qualsiasi sistema di valori, per cui anche ciò che di più caro sembra avere l’uomo contemporaneo, ovvero la virilità, può essere svenduta in nome della goliardia nonsense del momento. Alla mutilazione esistenziale di Stu, corrisponde quella fisica di Lauren, che viene ritrovato semi-incosciente e senza un dito, che alla fine si scoprirà essersi tagliato da solo mentre mostrava la sua abilità col coltello.
Ancora una volta è protagonista una generazione di eterni adolescenti frustrati e irrealizzati sempre in fuga da responsabilità che si decidono controvoglia ad assumersi all’ultimo momento, solo perché altrimenti il totale nichilismo distruttivo e autodistruttivo (in fondo analogo a quello dei finti rapitori de Il grande Lebowski) cadenzerebbe le loro esistenze. Non a caso compare anche, nelle vesti di un losco boss, Paul Giamatti, che rimanda a Sideways e a La versione di Barney. Una notte da leoni 2 ricalca quasi perfettamente il suo antecedente (a Bangkok corrisponde Las Vegas, al dente strappato il dito amputato, al bambino la scimmietta addestrata, alla prostituta il trans tailandese, al finto rapimento un altro finto rapimento, a Doug abbandonato sul tetto Lauren dimenticato nell’ascensore) migliorando definitivamente l’uso della colonna sonora e sfruttando un’ambientazione più adatta, perché meno americana, che apre il film a orizzonti più interessanti e meno ripiegati su sé stessi, trasformando un discorso che in Una notte da leoni sembrava “fatto da americani, sugli americani, per gli americani” in un discorso sulla più generale e ridicola crisi dell’uomo/consumatore occidentale.
(The Hangover Part II) Regia: Todd Phillips ; sceneggiatura: Craig Mazin, Scott Armstrong, Todd Phillips ; fotografia: Lawrence Sher ; montaggio: Debra Neil-Fisher, Mike Sale ; musica: Christophe Beck ;interpreti: Bradley Cooper (Phil), Ed Helmst (Stu), Zach Galifianakis (Alan), Justin Bartha (Doug); produzione: Green Hat Pictures ; distribuzione: Warner Bros. ; origine: Stati Uniti ; durata: 102’.
