Le donne e il desiderio

Al Festival di Berlino del 2016 questo film venne presentato col titolo United States of Love, titolo antifrastico se mai ve ne furono. Il film si svolge negli anni’90, più precisamente nel gennaio del 1990, in una fase fra le più turbolente ma, perbacco, anche fra le più ricche di speranza della storia europea. Ebbene, di questa speranza,nel film del giovane e talentuoso Tomasz Wasilewski (che all’epoca aveva 10 anni e che oggi presenta il suo terzo film) non vi è la minima traccia.Quattro donne, a occhio e croce fra i 35 e i 55, di cui vengono raccontati i destini, in una cittadina satellite tutta fatta di casermoni di una decina di piani, che trova un (apparente) senso di comunità intorno a una triste chiesetta ultramoderna. C’è Agata (Julia Kijowska), che gestisce una videoteca, sposata con figlia adolescente, e che si innamora del prete bello e comincia a pedinarlo; c’è Iza (Magdalena Cielecka), preside di una scuola che proprio in quei mesi viene intitolata a Solidarnosc’, che invano spera, in seguito alla prematura morte della moglie del suo storico amante (un medico), di averlo adesso tutto per sé; c’è Renata (Dorota Kolak), l’insegnante di russo della medesima scuola, non lontana dalla pensione, che deve tuttavia prematuramente cedere il passo all’insegnante d’inglese (cambiano i tempi) e cerca di avvicinare la più giovane sorella della preside Marzena (Marta Nieradkiewicz), sua vicina di casa; e c’è infine Marzena, un tempo vincitrice di un concorso di bellezza che vive sola (il compagno è già in Germania), lavora come insegnante di fitness e sogna un’improbabile e ormai tardivo successo come modella. Parafrasando Kieslowski si potrebbe dire quattro brevi film sopra l’amore, quattro brevi film che s’intrecciano, con l’ormai abituale artificio della ri-narrazione da diversi punti di vista del medesimo episodio. Il magistero di Kieslowski si avverte a ogni pie’ sospinto: nell’attenzione estrema alla recitazione (tutte e quattro le attrici semplicemente strepitose), nel carattere di apologo morale della narrazione, nella onnipresenza della religione, non solo nell’episodio che vede protagonista Agata. Al più tardi, poi, quando la figlia del medico, al termine del secondo episodio, precipita in un lago ghiacciato, non può non tornare alla memoria il primo episodio del Decalogo. Se ha qualche difetto il film, lo ha in una certa meccanicità nella costruzione (non una volta soltanto ci siamo trovati a prevedere quanto poi sarebbe di lì a poco puntualmente accaduto), oltreché in una certa qual ripetitività sul piano formale: sono innumerevoli le riprese con steady cam delle quattro donne, prevalentemente di spalle, prevalentemente nei non-luoghi che circondano i casermoni dove tutte costoro abitano; tali riprese vengono alternate invece a inquadrature frontali, con macchina da presa ferma e non infrequente, deliberata sottrazione del controcampo e dunque tradimento dell’orizzonte d’attesa della spettatore. Come prevedono i codici del film d’autore, anche qui niente musica extradiegetica, solo la musica diegetica degli esercizi di aerobica e un valzer fra Renata e Marzena, forse l’unico momento di una qualche tenerezza di un film altrimenti spietato, in cui gli uomini o sono assenti o non fanno una grandissima figura, in linea con la biografia del regista, cresciuto con sole donne, secondo quanto ebbe a raccontare nella conferenza stampa berlinese. A Berlino il film portò a casa giustamente l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura.
(Zjednoczone Stany Miłosci); Regia e sceneggiatura: Tomasz Wasilewski; fotografia: Oleg Mutu; montaggio: Beata Walentowska; scenografia: Katarzyna Sobanska-Strzalkowska, Marcel Slawinski; costumi: Beata Walentowska; interpreti: Magdalena Cielecka, Marta Nieradkiewicz, Dorota Kolak, Julia Kijowska, Andrzej Chyra; produzione: Mañana, Common Ground Pictures, Telewizja Polska - Agencja Filmowa, Film Väst; origine: Polonia, Svezia, 2016; durata: 104’
