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Unsane

Pubblicato il 6 luglio 2018 da Matteo Galli
VOTO:


Unsane

Non ha certamente la complessità che cerchiamo in un film d’autore, ruota intorno a un tema su cui si sarebbe potuto fare molto di meglio lasciando lo spettatore con qualche incertezza in più – e tuttavia Unsane, l’ultimo film di Steven Soderbergh, è uno psico-thriller, ha un ottimo ritmo e si vede volentieri (oltre a rappresentare sul piano formale comunque un interessante esperimento).

Unsane è il – se abbiamo fatto bene i conti – ventottesimo film di Soderbergh girato nell’arco di una trentina d’anni, a partire cioè da Sesso, bugie e videotape del 1989, un film al quale, indirettamente, quest’ultimo si richiama, essendo girato interamente in sole due settimane con I-Phone da Soderbergh stesso che firma la fotografia con lo pseudonimo di Peter Andrews, interpretato da Claire Foy e da Joshua Leonard. Il film si richiama – si parva licet – al modello Gaslight (in italiano Angoscia) di George Cukor: una donna si dichiara/si crede vittima di uno stalker, a causa del quale cambia città, lavoro. Del resto il gaslighting può essere in qualche misura considerato un antenato dello stalking. Tutto lascia pensare che la sua, per l’appunto, angoscia ossessiva abbia preso il sopravvento rispetto alla realtà dei fatti, e così pensa soprattutto una psichiatra che al termine di un colloquio apparentemente consultivo la fa internare in un istituto dove si praticano metodi di detenzione e di sedazione che il povero Basaglia si sarà rivoltato nella tomba, e così pensano il direttore dell’istituto e la responsabile amministrativa e tutto il personale medico e paramedico. Come se non bastasse la donna scopre/sembra scoprire, fra l’incredulità generale, che annidato in mezzo al personale paramedico si trova, sotto mentite spoglie, proprio colui che da tempo ormai la perseguita. Di nuovo: è così o se lo è solo immaginato? Con ritmo serrato e servendosi di molti primi piani, definiti quanto possono essere definiti i primi piani della telecamera di un I-Phone, Soderbergh racconta in un climax non privo di tratti splatter la vicenda della protagonista, del suo “persecutore”, di un compagno di sventure che funge da aiutante, della “rivale” in clinica, della madre, tutti personaggi che non fanno una bellissima fine. Con una conclusione che fa capire che con ogni probabilità l’angoscia, i disturbi a della protagonista non finiranno qua. Ci saremmo, alla fine, augurati una maggiore ambiguità, sul modello di Caligari per intenderci, siamo con tutta evidenza di fronte a un b-movie d’autore - dove peraltro non si perde l’occasione di far riferimento in tempi di abolizione dell’Obama-Care al ruolo svolto dalle assicurazioni sanitarie nel determinare tempi e modi delle degenze, in Side Effects erano le case farmaceutiche – ma, vivaddio, è un film guardando il quale, non ci troviamo mai, appena lo schermo è un po’ più luminoso, a mettere l’orologio di traverso e guardare quanto tempo è passato dall’inizio e quanto tempo manca alla fine. Con buona pace di Lav Diaz e Philipp Gröning.


CAST & CREDITS

(Unsane). Regia:Steven Soderbergh; sceneggiatura: Jonathan Bernstein, James Greerfotografia:Peter Andrews; montaggio: Mary Ann Bernard interpreti: Claire Foy (Sawyer Valentini), Joshua Leonard (David Strine), Jay Pharaoh (Nate), Juno Temple (Violet), Amy Irving (Angela Valentini); produzione:New Regency/Fingerprint Releasing, Los Angeles; origine: USA 2018; durata: 98’.


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