Uomini senza legge

Quanti furono i morti della guerra di Algeria? Quanti i combattenti dell’FLN, il movimento che più attivamente promosse la resistenza contro l’occupazione francese? Con quali misure la Francia cercò di contenere l’ansia di libertà e di progresso di uno dei suoi ultimi feudi? _ A distanza di mezzo secolo, le vicende che condussero alla proclamazione dell’indipendenza algerina paiono ancora avvolte dalla fitta nebbia delle dichiarazioni contrastanti e dei silenzi imbarazzati. Con rabbia, Rachid Bouchareb torna a mescolare piccola e grande storia, riprendendo il cammino cominciato quasi cinque anni fa con Days of Glory (anche i volti dei protagonisti sono i medesimi), ambientato nell’Algeria in lotta contro la minaccia nazista negli anni della seconda guerra mondiale. Se il contributo delle colonie nell’arginare l’avanzata dei regimi fascisti è ormai cosa nota, diversamente accade per quanto riguarda il periodo immediatamente successivo al conflitto, che vide la progressiva dissoluzione degli imperi militari europei e l’attaccamento dei governi occidentali ad alcune storiche roccaforti, come l’India, l’Indocina o, appunto, l’Algeria che, dopo oltre quindici anni di conflitti, attentati e stragi, ottenne l’indipendenza nel 1961. In Uomini senza legge, con uno sguardo volutamente unilaterale (che ha fatto lievitare il livello delle polemiche all’ultimo festival di Cannes), Bouchareb getta un sasso nelle acque torbide di una memoria storica raggrinzita, attraversando la storia della rivoluzione algerina dalla prospettiva di tre fratelli, che trascorrono a Parigi gli anni della rivoluzione, alla ricerca di un riscatto che assumerà forme via via sempre più inconciliabili.
Dopo il massacro di Setif, dove la polizia francese spara sulla folla che manifesta al grido di “Algeria libera”, Messaoud, Abdelkader e Said, costretti dalla forza della burocrazia ad abbandonare la terra dei propri padri, prendono strade differenti: il primo si arruola nell’esercito francese, partecipando alla campagna d’Indocina; il secondo viene trasferito a Parigi e incarcerato per ragioni politiche e il terzo, dopo aver vendicato con il sangue la memoria del padre, si trasferisce nella capitale francese con l’anziana madre, deciso ad ogni compromesso pur di sfuggire alla miseria della vita nelle banlieue. Si ritroveranno qualche anno dopo, alle soglie della fase più acuta della lotta di indipendenza, segnata dalle discordie fra i diversi movimenti indipendentistici, e dalla tensione latente fra i sostenitori del nazionalismo algerino e gli immigrati ormai assuefatti al dominio francese. Mentre De Gaulle annuncia con enfasi un’età di pace e progresso per l’Algeria, Abdelkader sceglie con risolutezza la via della lotta senza compromessi, rinunciando ad ogni forma di umanità in nome di un ideale rivoluzionario cui è necessario votarsi anima e corpo (“siamo entrambi dei sacrificati”, dice all’ufficiale della polizia che gli dà la caccia per anni). Non la politica, ma il denaro segna invece la via dell’affrancamento per Said, che si arricchisce aprendo un cabaret e coltiva un vivaio di giovani pugili algerini, sognando il titolo di campione di Francia, fino ad entrare in rotta di collisione con i fratelli maggiori. Massaoud è il più tormentato, pronto ad uccidere perché non siano i suoi fratelli a doverlo fare, ma diviso fra l’amor di patria e il senso di naturale pietà per le sue vittime, fra la fedeltà ad Abdelkader e l’affetto per Said.
Alla dimensione storica, che scandisce con precisione l’evolversi della vicenda, Bouchareb contrappone quella umana di una storia familiare di contrasti e riconciliazioni che, come il regista stesso ammette, si ispira alle vicende delle dinastie mafiose del “Padrino” e mira ad assumere una valenza epica, in cui la fissità dei tipi si stempera nei continui cambi di fronte dei fratelli, sbalzati dalla stessa onda verso un futuro di cui, forse, non vedranno la luce. Così, in equilibrio più o meno riuscito, alla cronaca dei sanguinosi eventi che scandirono le tappe del conflitto (le stragi di Setif e di Guelma, lo scontro fra MNA e FLN, le bombe e gli omicidi politici, la repressione della Mano Rossa), si alterna il repertorio del gangster movie (l’arricchito Said somiglia pericolosamente ad un Piccolo Cesare), con tanto di sparatorie, agguati e inseguimenti rocamboleschi, fino ad un finale in cui i sopravvissuti accantoneranno per un attimo i contrasti, in una corsa a perdifiato verso una difficile salvezza.
(Hors-la loi); Regia: Rachid Bouchareb; sceneggiatura: Rachid Bouchareb, Olivier Lorelle; fotografia: Christophe Beaucarne; montaggio: Yannick Kergoat; musica: Armand Kamar; interpreti: Jamel Debbouze (Said), Roschdy Zem (Messaoud), Sami Bouajila (Abdelkader), Bernard Blancan (colonnello Faivre); Chafia Boudraa (la madre), Sabrina Seyvecou (Hélène); produzione: Tessalit Production; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Francia, Algeria, Belgio 2010; durata: 133’.
