Updise Down

A scuola, probabilmente, vi avranno insegnato che la gravità è quella forza esercitata dalla massa di un corpo nei confronti delle masse di altri corpi.
Vi avranno detto che la mela cade sulla testa di Newton perché la massa della terra, enormemente più grande, esercita sulla mela questo peculiare effetto. E vi avranno anche spiegato che «alto» e «basso» sono, in realtà, concetti relativi alla nostra percezione e che noi a chiamiamo «basso» la direzione verso la quale cadono le cose e «alto» la direzione verso la quale le cose volano.
Gravità è, però, anche un aggettivo che normalmente utilizziamo per definire cose importanti, di peso, di spessore. Una voce grave, poi, è una voce bassa, posata, cavernosa. E, se proprio devo dire una cosa che ritengo di vitale importanza, tendo ad utilizzare un tono di voce grave.
Grave lo usiamo anche per chiarire le condizioni di salute di un individuo. E così se diciamo che una persona è grave, intendiamo dire, che sta male sul serio.
Nel linguaggio comune, si applica, poi, una sorta di ribaltamento ironico di questa affermazione. Così se uno vi dice che «Quello sta proprio grave!», intende dire che è un caso patologico, una persona che non ci sta proprio bene con la testa.
Upside Down è un film che «sta proprio grave», come il proverbiale individuo della conversazione comune. Sta grave perché vorrebbe dire, con una certa gravità, cose importanti su amore e tolleranza, ma complica gravemente le sue gravide premesse, mettendosi sulla linea di un pasticcio ideale proprio sulle leggi gravitazionali. Vi gira la testa? Dopo dieci minuti di questo film è normale!
La pellicola immagina, infatti, due mondi, talmente ad un passo l’uno dall’altro, che dalla vetta più alta del primo si vede bene la vetta più alta del secondo. I due mondi sono in perfetto equilibrio gravitazionale, ma (e qui fate attenzione!) in questo universo alternativo non è la massa a esercitare l’attrazione gravitazionale, ma il diritto di nascita. Se sei nato nel mondo A sei soggetto alla gravità del mondo A e, anche se vai in trasferta nel mondo B, è sempre verso A che cadi. Per cui se uno del mondo A vuole andare nel mondo B, deve farsi legare a terra, o riempirsi le tasche di cose che nel mondo B sono pesanti e che quindi volerebbero nel mondo A. Vi gira ancora la testa? Se sì eviteremo allora di dirvi che le cose di un mondo, costrette a stare nell’altro mondo, non si capisce bene perché, bruciano.
La politica dei due mondi è (ma vorremmo ben vedere!) separazionista.
«Che ognuno se ne stia nel proprio mondo!» è il motto dei governi dei rispettivi pianeti che a un certo punto hanno deciso di chiamarsi l’uno Alto e l’altro Basso e anche qui non si capisce bene perché visto che, per gli abitanti di Alto, Basso è alto anche se è più povero. E ora siamo sicuri che la testa vi sta girando, come girano la testa, il mondo e le altre stelle quando un abitante di Alto fa l’amore con uno di Basso e non si capisce mai bene chi sta sopra e chi sta sotto.
Perché è esattamente questo quello che succede nel film: un maschio di Basso di innamora, corrisposto, di una femmina di Alto e vorrebbero davvero stare insieme anche se, a convivere, c’è il non piccolo problema che la moglie ha la fatale abitudine di cadere sul soffitto (e che prima o poi dovrebbe prendere fuoco e non d’amore).
Il problema di Uspide Down sta tutto nella premessa. Da false premesse vengono fuori sviluppi falsati come le prospettive escheriane tra due mondi di cui uno sempre a testa in giù. Premessa perfetta per un corto (che non ha bisogno di sviluppi) o per un film volutamente surreale che mescoli le prospettive, che giochi di contraddizioni. Qui, invece, si cerca una tale cura di dettagli da sfondare le colonne d’ercole del grottesco per finire nella terra di nessuno di un film che non sapendo bene cosa raccontare ricade sempre (Colpa della Gravità!) nella storia di Romeo e Giulietta.
Per cui anche lo spettatore si ritrova diviso tra due mondi: il primo è quello del film distopico, il secondo è il dramma romantico con Giulietta che perde pure la memoria e deve essere riconquistata a novello amore.
In filigrana si racconta del mondo di oggi che sfrutta il terzo mondo, ma che può essere salvato dall’amore dei giovani, ma la linea narrativa si perde in tali e tanti arzigogoli che la linea portante si confonde con l’orpello. Che non sarebbe cosa sbagliata se il regista fosse Gaudì, ma che fa sì che il principale motivo di interesse di tutta l’operazione sia meramente scenografico (e le immagini sono spesso portentose).
Qui, invece, Romeo e Giulietta si amano tanto che alla fine fanno pure un figlio (chissà da che parte cadrà). Vi chiedete come? Dovremmo a questo punto spiegarvi pure (e ci sta davvero nel film) la storia delle api…
(Upside down) Regia: Juan Solanas; sceneggiatura: Santiago Amigorena; fotografia: Pierre Gill; montaggio: Dominique Fortin, Paul Jutras; interpreti: Kirsten Dunst, Jim Sturgess, Larry Day, Timothy Spall, Heidi Hawkins, Don Jordan, Holly O’Brien, John Maclaren, Elliott Larson, Vincent Messina, Vlasta Vrana, James Kidnie, Nicholas Rose, Kate Trotter, Paul Don; produzione: Onyx Films, Studio 37, Transfilm; distribuzione: Notorious Pictures; origine: Canada, Francia 2013; durata: 107’.
