Urlo

Allen Ginsberg è scomparso nel 1997. Le sue opere hanno rappresentato il simbolo di una generazione (quella americana degli anni ‘50/’60) e oggi a pieno titolo è considerato uno dei maggiori poeti del ventesimo secolo. Il suo poema più importante, Howl, fece scandalo al tempo della sua pubblicazione, con i suoi versi rabbiosi, gergali, crudi, privi di filtro, buttati giù direttamente dal profondo dell’animo. Quel poema ero lo specchio del suo carattere, l’espressione del suo atteggiamento verso la vita, dei suoi sentimenti. Parlava di omosessualità, di amore, di droga, di alcool, di jazz.
I registi Rob Epstein e Jeffrey Friedman, noti documentaristi, hanno deciso di rendere omaggio all’artista del New Jersey partendo proprio da questo poema, raccontandocelo in immagini, scandagliandone i significati, cercando di esprimerne la vera essenza in modo originale ed inconsueto. Dando al film lo stesso titolo dell’opera letteraria, i due registi optano per un racconto sui generis, che non vuole essere un biopic classico e che non segue una successione cronologica degli avvenimenti. La pellicola è costruita su una struttura particolare ed affascinante. La dimensione narrativa è infatti scomposta in tre livelli: nella linea principale viene raccontato il processo per oscenità che ha subito l’editore di Ginsberg dopo la pubblicazione di Howl mentre negli altri due livelli, da una parte rivive l’uomo e il poeta Ginsberg e dall’altra i suoi versi. In questo modo il poema viene rappresentato in un affresco cubista che ne propone un’osservazione da diverse angolazioni: l’intervista a Ginsberg (interpretato da un magnifico James Franco) ci immerge nel personaggio, nella sua mente creativa, nell’origine artistica, nel creatore dell’opera; gli inserti di animazione bidimensionale, che prendono vita sullo schermo dai versi recitati dall’autore stesso nelle sue letture pubbliche, costituiscono la codificazione cinematografica del poema; ed infine la rappresentazione del processo ci mostra l’opinione (divisa) dei lettori del tempo di fronte all’opera.
Howl, nonostante la pluralità di stili e la narrazione frammentata, trova la sua compattezza assumendo le sembianze di un puzzle che tassello per tassello arriva lentamente a delineare la figura di Ginsberg e a restituire sullo schermo la magia della sua arte. E’ un film costruito tutto al montaggio che gioca sulla corrispondenza tra parole e immagini. Il tentativo di trasporre cinematograficamente il mondo poetico di Ginsberg è assolutamente riuscito. Seguendo i versi del poema, Epstein e Friedman creano un universo ipnotizzante attraverso disegni animati che spingono lo spettatore in un vortice di immagini “drogate”, folli, oniriche ed assolutamente efficaci. Lo stile dei due registi che, oltre ai momenti animati, alternano colore e bianco e nero, passa dal visionario al realistico senza far avvertire nessuno stacco, rendendo così al meglio il mondo interiore del poeta e riportandoci lo spirito dell’epoca.
Epstein e Friedman firmano una pellicola interessante e commovente che probabilmente piacerà ai membri della giuria della Berlinale. Ma a convincere è soprattutto la prova di James Franco. Ginsberg rivive sullo schermo grazie alla sua eccezionale interpretazione. Spogliatosi degli abiti del Goblin di Spider-Man, l’attore americano si immerge totalmente nei panni del poeta maledetto, ricalcandone la gestualità, il tono di voce e lo sguardo pieno d’amore per la vita.
(Howl); Regia e sceneggiatura: Rob Epstein, Jeffrey Friedman; fotografia:; montaggio: Jake Pushinsky; musica: Carter Burwell; interpreti: James Franco (Allen Ginsberg), David Starthairn (Ralph McIntosh), Jeff Daniels (David Kirk), Luther Nichols (Alessandro Nivola), Mary-Louise Parker (Gail Potter), Jon Prescott (Neal Cassady), Todd Rotondi (Jack Kerouac); produzione: Werk Works Production, Telling Pictures, Rabbit Bandini Productions; distribuzione: The Match Factory; origine: USA; durata: 90’.
