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VERONICA GUERIN - IL PREZZO DEL CORAGGIO

Pubblicato il 10 ottobre 2003 da Alfredo De Giglio


VERONICA GUERIN - IL PREZZO DEL CORAGGIO

Veronica Guerin era una giovane reporter investigativa uccisa in un agguato, a bordo della sua auto, il 26 giugno 1996 a Dublino.
Lavorava per il Sunday Independent, uno dei maggiori quotidiani irlandesi, sul quale si era distinta per numerose inchieste scomode che, oltre a farle guadagnare una enorme notorietà presso il pubblico dei lettori, le portò anche l’invidia da parte dei colleghi meno famosi e della sonnecchiante polizia. Era una donna decisa, disposta a tutto pur di assecondare quella che alcuni chiamano, in molti casi con enfasi fuori luogo, la missione del giornalismo, anche a mettere in pericolo la propria vita e quella dei suoi cari (qualcuno l’additava come fanatica).
Fin qui la storia, triste, di una donna che credeva in ciò che faceva, certamente con una buona dose di fanatismo ed egoismo (doti minime per chi decide di immolare - con coscienza o no - la propria vita), ma sicuramente con forte senso etico e civico. Cose che mancano alla grandissima maggioranze dei giornalisti del nostro paese (ed oltre), indaffarati a arraffare più potere possibile, anche a costo dell’atrofizzazione linguale per uso improprio ed eccessivo. Alla fine del film vengono ricordate le quasi 200 morti di giornalisti nel mondo (nel 2002) che avevano il torto di adempiere al loro lavoro (non missione, lavoro) all’interno di regimi illiberali, come certifica Reportes Sans Frontières, l’associazione che si occupa di portare alla luce casi simili nelle zone più rischiose del mondo.
Il film, lodevole per le intenzioni, non si discosta molto da altre biografie di donne o uomini scomodi. Come quasi sempre avviene, la scelta è quella di ridurre la complessità umana della persona facendone un personaggio senza chiaroscuri, ma dotato di fede incrollabile, di doti morali superiori, bravo e in linea con i propri principi in ogni campo della sua vita. Senza cedimenti alcuni.
Non dubitiamo che la Guerin fosse una persona fuori dalla norma, ma ci è indigesta l’immagine che di lei ci viene data: senza lati oscuri, sempre positiva, neanche una debolezza. Brava nel lavoro, brava come moglie, brava come madre, brava a trattare con i suoi pericolosi informatori. Ed è in questo il difetto maggiore di Veronica Guerin: la semplificazione di una persona complessa e controversa in un santino bidimensionale (discretamente interpretato da una pur brava Blanchett). E ciò che è ancora peggio è la confezione finto documentaristica/naturalistica, con colori finto-naturali e luci sovraesposte, inquadrature da pseudo-film-verità, uso ed abuso di scene madri ad effetto con tanto di musica di cornamuse e violini a sottolineare il pathos delle scene.
Schumacher, dopo un paio di filmetti decenti (In linea con l’assassino e Tigerland), torna nella mediocrità di 8 mm (da cui mutua un certo uso ricattatorio e morboso delle disgrazie altrui: droga, prostituzione, violenza) e di Flawless, da molti considerato il film più indegno della fine del secolo scorso.
Un film, questo, che sicuramente vale più per ciò che mostra che per come lo mostra, più per averci fatto conoscere la figura della Guerin che per essere una buona riduzione (in questo termine c’è tutta l’inadeguatezza di questo genere di film) filmica. Tutt’al più buono per un passaggio pomeridiano in qualche tv generalista come altri film aperti dall’inquietante frase ‘ispirato ad una storia vera’, annuncio da sempre foriero di magre soddisfazioni cinematografiche.
Misteri del cinema: che cosa c’entra Jerry ‘Pearl Harbour’ Bruckheimer con questo film? Rigurgito di coscienza?

[ottobre 2003]

regia: Joel Schumacher; sceneggiatura: Carol Doyle, Mary Agnes Donoghue; fotografia: Brendan Galvin; montaggio: David Gamble; musica: Harry Gregson-Williams; interpreti: Cate Blanchett, Gerard McSorley, Ciaran Hinds, Brenda Fricher; produzione: Jerry Bruckeimer; origine: USA/Irlanda/GB; durata: 105’; distribuzione: Buena Vista International

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