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Verso gli Oscar: COLLECTIVE

Pubblicato il 9 aprile 2021 da Giovanni Spagnoletti
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Verso gli Oscar: COLLECTIVE

Si fa fatica a guardare la straordinaria pellicola rumena Collective (visibile on demand sulle piattaforme Iorestoinsala e IWonderfull), in lizza contemporaneamente per l’Oscar come miglior film straniero e come miglior documentario, e non pensare con raccapriccio a cosa sta succedendo nel mondo e segnatamente in Italia dall’inizio della pandemia, ovvero al sottile discrimine fra gli ospedali luoghi di cura e gli ospedali luoghi di infezione e di morte.

Presentato in anteprima al Festival di Venezia nel 2019 fuori Concorso, il film diretto da Alexander Nanau, al suo quarto e più importante documentario, racconta due anni e mezzo di storia recente e turbolenta della Romania, cioè quanto è successo all’indomani dell’incendio del 30 ottobre 2015 nel “Colectiv” (da cui il titolo in originale del film), una discoteca della capitale rumena, durante un concerto del gruppo “Goodbye to Gravity”, in cui la sala era stracolma ben oltre i limiti consentiti. Nell’immediato, nel caos seguito all’incendio hanno perso la vita ventisette giovani (tra cui anche una ragazza napoletana), ma il paradosso tragico è che questo già triste numero di vittime è risultato il “male minore” rispetto a quanto è accaduto nei mesi successivi, perché il bilancio dei morti si è quasi triplicato a seguito del fatto che le persone ricoverate con ferite e ustioni nei diversi ospedali della capitale rumena non sono state curate a dovere e ci hanno lasciato le penne. Questo terribile evento la cui eco era rimasto confinata praticamente alla sola Romania, ha fatto nascere, però, in patria un’ondata di vibranti proteste nelle piazze, dato che a seguito di un’inchiesta – curiosamente iniziata da un benemerito giornalista della “Gazzetta dello Sport” (!!??) rumena – si è spalancato il classico vaso di Pandora, al termine del quale il governo in carica è stato costretto a dimettersi alla fine del 2015. La causa scatenante delle morti successive dei ricoverati si è scoperto stare nel fatto che il disinfettante utilizzato nella gran parte degli ospedali della Romania, veniva diluito fino al punto di contenere una quantità risibile di principio attivo, finendo per trasformarsi nel suo esatto contrario, ovvero in un agente infettante, così che la gran parte delle persone è morta giorni dopo per tremende infezioni batteriche.

Questa vicenda a dir poco allucinante viene raccontata non solo con un ritmo incalzante ma anche in una forma mista, tra fiction e non fiction senza soluzione di continuità, che in qualche misura (forse) giustifica la duplice candidatura del film agli Oscar. Da un lato il carattere squisitamente documentaristico di Collective si palesa nel materiale di repertorio, nelle interviste alla gente, nelle immagini delle manifestazioni di piazza o in numerosi inserti delle tv dell’epoca, dall’altro invece gli incontri fra il giornalista che aveva sollevato il polverone (si chiama Cătălin Tolontan) e i suoi collaboratori e gli whistleblower sono stati “re-enacted” dal regista e lo stesso dicasi per tutte quelle parti che riguardano una delle principali vittime della vicenda, ossia Mariana Oprea detta Tedy, che negli anni successivi al 2015 esibirà il proprio corpo martoriato e sfregiato dal fuoco in performance di importante livello artistico. Difficile invece stabilire se le numerose scene che vedono protagonista il neo-ministro della salute, l’economista Vlad Vasile Voiculescu, insediatosi in un governo tecnico che ha preparato le successive elezioni del dicembre 2016, siano state riprese all’epoca dalla troupe cinematografica o se, anche loro, come sembra più probabile sono state ricostruite successivamente. Ma tale problema, nell’epoca del “cinema del reale”, appare più che altro una questione ininfluente, una differenza di lana caprina, che significa alla fine poco o nulla. Da sempre il documentario o quello che ancora si continua a definire per comodità tale, è ed è stato Cinema a tutti gli effetti. La questione vera, quello che conta, resta, invece, il fatto che il film di Alexander Nanau è diventato, grazie a quanto ricostruisce, un’opera straordinaria, un autentico capolavoro che porta a riflettere lo spettatore e a farlo arrabbiare (almeno così è accaduto a chi scrive) su dei fatti in gran parte delittuosi che potrebbero capitare in tutto il mondo o quasi.

Ps. Vlad Voiculescu successivamente agli eventi narrati è passato alla politica attiva e dal dicembre 2020 è stato nominato di nuovo Ministro della Salute nel governo conservatore di Florin Cîțu. Ci auguriamo veramente che la carica dirompente che ha dimostrato nel precedente mandato quando era un indipendente, continuerà ad animare il suo lavoro oggi. Ma questo è un altro film ancora da fare.


CAST & CREDITS

Collective - Regia: Alexander Nanau; sceneggiatura: Alexander Nanau, Antoaneta Opriș; fotografia: Alexander Nanau; montaggio: Alexander Nanau. George Cragg, Dana Bunescu; musica: Kyan Bayani; interpreti: Cătălin Tolontan, Mirela Neag, Camelia Roiu, Tedy Ursuleanu, Vlad Voiculescu, Răzvan Lutac, Narcis Hogea, Nicoleta Ciobanu; produzione: Samsa Film Luxembourg, HBO Europe, Mitteldeutscher Rundfunk, Radio Télévision Suisse-Radiotelevisione svizzera, YES Docu; origine: Romania/Lussemburgo /Germania/Svizzera 2019; durata: 109’; distribuzione italiana:I Wonder Pictures.


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