VHS - Taboo

Taboo presenta, almeno all’inizio, tutte le classiche situazioni di un normale teen horror movie americano. In una casa ampia e lessuosa si incontrano, per festeggiare la fine dell’anno, tre ragazzi e tre ragazze legati tra loro da un’amicizia ambigua che trascolora fin troppo facilmente nell’odio e nella reciproca sopportazione. Esemplari perfetti della gioventù americana così come siamo abituati a vederla in certi telefilm sulla falsa riga di Beverly Hills 90210, i protagonisti sono anche e, soprattutto, una notevole campionatura dei vizi e delle brutture di una certa fascia sociale: dalla prostituta per convinzione (oltre che per specifica esigenza di portafoglio), all’omosessuale figlio di un’alta carica dell’amministrazione che paga una ragazza perché finga di essere la sua compagna, dall’ipocrita falso bigotto cattolico al violentatore di ragazzine. Per movimentare la noia di una serata all’insegna dell’insulto reciproco, i ragazzi pensano bene di darci dentro con un gioco di società la cui bellezza e il cui interesse sfuggono ancora alla nostra capacità di comprensione: Taboo, appunto. Il passatempo consisterebbe nel distribuirsi l’un l’altro dei biglietti con delle domande vergate in bei caratteri vittoriani cui rispondere con un lapidario si o no. Le domande hanno di che solleticare tutti i pruriti: “vorreste mai avere dei rapporti sessuali con una persona del vostro stesso sesso?” oppure “faresti sesso con un tuo parente?” o meglio ancora “ti concederesti mai solo per soldi”? Facile immaginare che, stante gli splendidi esemplari di fauna umana che popolano la sala, tutte le risposte (eccetto una: quella dell’ipocrita) siano un ben convinto si. La somma del divertimento viene toccata, comunque, nel momento in cui, scritta la risposta, le schede vengono messe in un piatto e lette ad alta voce per il reciproco sollazzo. Tutto sembrerebbe chiudersi qui, in questa conviviale riunione di amici, ma l’anno successivo i ragazzi, riunitisi di nuovo per celebrare l’ennesima fine d’anno, ricevono, allo scoccar della mezza notte di una giornata di pioggia, un pacco contenente, su bei biglietti cartonati, il responso del gioco compiuto lo scorso anno. Tale responso è una sola lapidaria parola in cui ciascuno può riconoscere il proprio specifico peccato: “Omosessuale” “Stupratore” “Prostituta” ecc. Di qui in poi comincia un’ecatombe in cui, uno dopo l’altro, muoiono tutti mentre si comincia a scoprire che, durante l’anno, ciascuno dei ragazzi era stato ricattato per il proprio vizio da uno sconosciuto molto ben informato. Chi è questo misterioroso ricattatore? È forse lo stesso assasino che semina morte? Per la verità queste domande non dovevano essere esattamente la priorità degli autori di questo innocuo filmetto che nasconde la sua mortifera noia dietro una durata minimale (appena un’ora complessiva). Le scarne ambizioni della sceneggiatura, che avrebbero voluto portare alla realizzazione di una specie di piccolo pamphlet sul senso del peccato e sugli orrori nascosti della così detta bella società, mostrano presto la corda e si smarriscono in una messa in scena piatta ed abbastanza dozzinale che si riscatta solo nell’acido sarcasmo della scena finale (l’unico motivo per cui potrebbe valer la pena di vedere questo film). Nel film non si respira, in effetti, un solo momento di autentica tensione e, per lo più, si ha l’impressione di assistere ad un’operazioncina portata avanti da un gruppo di giovani amanti del cinema che non conoscono bene la grammatica della macchina da presa e del genere. Si ha sempre la sensazione che al regista manchi il vero senso delle scene che sta girando, sorvolando troppo rapidamente su alcuni momenti che avrebbero meritato maggiore approfondimento e concentrando la propria attenzione solo su scene di maniera (la corsa dell’ultima sopravvisuta sulle scale che si allarga per oltre un minuto di superflua macchina a mano traballante con tanto di sospiri tesi in colonna sonora). Sensazione, questa, che perdura anche nello stravolgimento del prefinale quando si scopre che non tutto era esattamente come sembrava. Gli attori assecondano lo scempio con complice inespressività e ci appare del tutto sprecato il volto ambiguo e talentuoso di Nick Stahl (prossimo John Connor di Terminator III scoperto da Larry Clark nell’ottimo Bully). Ma in fondo il film non vale la spesa.
(Taboo); regia: Max Makowski; sceneggiatura: Chris Fisher; fotografia: Viorel Sergovici, Jr; montaggio: Scott Smith; musica: Ryan Beveridge; interpreti: Nick Stahl, Eddie Kaye Thomas, January Jones, Lori Heuring, Derek Hamilton, Amber Benson; produzione: Imperial Fish Company, Creative Entertainment; origine: Usa, 2001
[giugno 2003]
