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Wild Side

Pubblicato il 18 luglio 2004 da Fabrizio Croce


Wild Side

Un film che si affida totalmente, radicalmente al linguaggio del corpo: Wild Side non lascia scampo, non indugia in psicologismi, moralismi, notazioni sociologiche o antropologiche sul microcosmo marginale, notturno, silenzioso verso il quale Sebastien Lifshitz rivolge la sua mdp, in uno sguardo rigoroso e al tempo stesso intriso di trattenuta commozione. La parola è un mezzo di comunicazione che quasi non esiste tra Stephanie, prostituta transessuale malinconicamente persa nel ricordo di una sorella morta bambina, Mikhail, immigato russo che si esprime solo attraverso un inglese spicciolo, e Djamel, che batte per i bagni delle stazioni e rimpiange nelle foto di famiglia la propria giovinezza sfiorita, soppiantata troppo presto dal cinismo di chi si vende. Ma il letto dove condividono in tre i loro incontri carnali si carica di un valore ben più vincolante di qualsiasi rapporto fondato sul dialogo: è la ricerca di un coinvolgimento che, tramite il corpo, tende ad una comprensione viscerale dei propri destini feriti, al riconoscimento di identità sessuali che trascendano i ruoli e le convenzioni, al soddisfacimento di un bisogno elementare di calore, tenerezza, desiderio di non sentirsi alieni in un mondo alienante. Lifshitz non nasconde queste schiette e quasi insostenibili verità né al suo occhio né a quello dello spettatore, andando sino in fondo anche nel filmare le prestazioni di Stephanie e Djamel con i loro occasionali clienti e contrapponendo all’anonima e ripetitiva sequenza di azioni e gesti l’intimità di una dolorosa e reale conoscenza fisica di se stessi e dell’altro. E quando Stephanie usa il corpo di Mikhail per soddisfare le esigenze di un voyeur, Lifshitz sceglie di disumanizzare quell’incontro, filmandoli come due automi sconosciuti che, solo a coito forzatamente avvenuto e non più condizionati dallo sguardo del cliente, si ritroveranno in un abbraccio. Parallelamente alla rappresentazione di questa duplice realtà del corpo, Lifshitz conduce, con sofferta sobrietà, una riflessione sulla memoria incarnata dalla madre malata di Stephanie, che non ha mai accettato la nuova identità del figlio che continua a chiamare Pierre, evocandone l’immagine e il ricordo di bambino già consapevole della sua diversità. Questo lento, muto, straziante sfumare dei tumulti e delle inquietudini della carne nello spegnersi degli occhi della madre di Pierre/Stephanie, tra le valli desolate di una cittadina del nord della Francia popolata dai fantasmi del rimpianto, conduce Wild Side senza mediazioni verso il corpo dell’emozione, la cui unica espressione fisica è il pianto.

[luglio 2004]

Regia: Sebastien Lifshitz; Sceneggiatura: Sebastien Lifshitz, Stephane Bouquet; Fotografia: Agnes Godard; Musica: Jocelyn Pook; Interpreti: Stephanie Michelini, Yasmine Belmadi, Edouard Nikitine, Josiane Stoleru; Produzione: Maia Films, Y.C. Alligator Film, Zephyr Films, Arte France, AB3; Origine: Francia 2004; Distribuzione: Mikado; Durata: 93’

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