Words and Pictures

Era dai tempi del fortunatissimo Sei gradi di separazione, trasposizione cinematografica dell’omonima piéce teatrale, che il regista Fred Schepisi non riusciva più a convincere pienamente con le sue, a tratti, farraginose opere. E così, come nel notevole film del 1993, in cui il regista azzardava con successo innumerevoli riferimenti all’arte figurativa di Kandiskij, Cezanne e Matisse per poi trasportarci nel mondo letterario de Il giovane Holden, anche nel suo ultimo film Words and Pictures, l’autore torna a porre al centro dell’attenzione l’eterna diatriba fra immagine e parola, ponendoci di fronte all’intramontabile dilemma su a quale delle due forme espressive spetti il primato per potenza evocativa. Così, partendo da questo interessante incipit, Schepisi edifica una sofisticata ed elegante commedia sentimentale che, pur rispettando pienamente i canoni del cinema classico, grazie ad una sceneggiatura ricca di momenti e dialoghi brillanti, riesce ad elevarsi di gran lunga dalla media del genere. Nella sua semplicità, infatti, l’opera riesce a catturare e coinvolgere lo spettatore suscitando in esso un considerevole interesse anche nei confronti della stessa parabola raccontata, forse un po’ scontata, in cui il regista vuole dimostrarci come la poesia e l’arte figurativa raggiungano l’apice dell’espressività il momento in cui riescono a fondersi in un tutt’uno.
Parabola che, nonostante i numerosi riferimenti all’arte di Pollock e ai bellissimi quadri messi in scena – realizzati dalla stessa Binoche – rappresenta, senza dubbio, un pretesto narrativo per mettere in scena la storia d’amore fra due insegnanti frustrati, ognuno alle prese con i propri fantasmi. Lui un ex scrittore di successo che sembra aver perso l’ispirazione da troppo tempo, forse anche a causa di tutto quell’alcool che assume quotidianamente; lei un’affermata pittrice la cui carriera rischia di svanire nel nulla a causa di una fortissima forma di artrite che le impedisce molti movimenti. Entrambi, seppur con metodi assolutamente distinti, sono due ottimi insegnanti, decisi a risvegliare i propri studenti da quel torpore in cui le nuove generazioni sembrano essere irrimediabilmente intrappolate. Due personaggi dotati di un estremo carisma e perfettamente in sintonia fra loro – per altro magnificamente interpretati da Clive Owen e Juliette Binoche – che, nonostante i loro caratterizzanti tratti burberi ed irriverenti, riescono a creare una forte empatia con lo spettatore.
Se Schepisi è abile nello sviare la scivolosa strada della solita commedia sentimentale già vista migliaia di volte, i suoi interpreti lo sono nell’evitare di cadere in una performance eccessivamente macchiettistica – nel personaggio di Owen, poi, è evidente un richiamo a quello di Robin Williams nei panni del professor Jeating nel celebre L’attimo fuggente di cui si cita esplicitamente l’indimenticabile “O capitano, mio capitano”. Indubbio è anche il merito della solida sceneggiatura cui il film si appoggia, capace di costruire e caratterizzare fin nei minimi dettagli non solo i suoi personaggi ma, anche, gli stessi dialoghi e situazioni in cui questi si muovono. Con Words and Pictures, Fred Shepisi si conferma un ottimo “artigiano dei sentimenti”, capace di passare con naturalezza dalla commedia al dramma senza mai rinunciare a quel giusto tocco di leggerezza.
(Words and Pictures); Regia: Fred Shepisi; sceneggiatura: Gerald Di Peco; fotografia: Ian Baker; montaggio: Peter Honnes; musica: Paul Grabowsky; interpreti: Clive Owen, Juliette Binoche, Christian Scheider, Bruse Davison; produzione: Latitude Productions, Lascaux Film; distribuzione: Adler Entertainment; origine: Usa, 2013; durata: 116’.
