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X Romafilmfestival - La vida es un carnaval

Pubblicato il 1 dicembre 2005 da Matteo Botrugno


X Romafilmfestival - La vida es un carnaval

L’opera prima del giovane romagnolo Samuele Sbrighi, viene presentata, all’anteprima del RomaFilmFestival, come effervescente commedia cui si augura di riempire le sale cinematografiche. Dopo la visione del film però, siamo colti da forti dubbi al proposito. Le credenziali per una commedia corale ci sono tutte: una troupe cinematografica si dirige a Cuba per girare alcune scene di un film, attoruncoli che si incontrano e si scontrano, belle ragazze in cerca di trenta centimetri di puro marchio cubano, amori ed amicizie che nascono e si sciolgono. Purtroppo però, se già i lavori di Pieraccioni, pur riscuotendo un ottimo successo al botteghino, si dimostrano fragili (specialmente gli ultimi), La vida es un carnaval, malgrado il titolo scacciapensieri tratto da una celebre salsa cubana, e pur essendo fortemente in debito a livello tematico con il citato autore toscano, non riesce a raggiungere il livello di decenza necessario per conquistare il pubblico.
Colto da megalomania, Sbrighi scrive, dirige e interpreta. Non sappiamo dire quale delle tre attività gli riesca meglio. La sceneggiatura è sicuramente la parte più debole del film: la storia d’amore tra l’attore interpretato da Sbrighi e la sua bella vorrebbe ricreare una serie di situazioni ambigue, miste di senso d’amicizia, affetto, attrazione fisica e incomprensioni, ma i dialoghi e, soprattutto, la voce fuori campo, sono scritti in maniera tale da ricordare pericolosamente tipiche lettere d’amore adolescenziali e, oltretutto, nulla viene approfondito o spiegato, gli eventi sono drasticamente lasciati al caso. Gli altri personaggi sono costruiti secondo la regola vanziniana del luogo comune e del macchiettismo regionale; l’ambientazione cubana, invece di apparire come un luogo magico in cui s’intrecciano delle storie, sembra più una gita turistica o semplicemente una delle tante vacanze di Natale della coppia Boldi-De Sica. Gli sketch si basano spesso su un umorismo trito e ritrito (come nel caso del peto infuocato, pratica di cui già Alvaro Vitali aveva dato ampia dimostrazione più di una volta negli ormai cult dell’erotico all’italiana anni ’70), e sono privi del giusto mordente. Solo la trovata dell’anziano tassista cubano cui viene spiegato che la traduzione italiana di ‘muchas gracias’ è ‘me cojoni’ (l’uomo aveva fatto pagare a due ragazzi della troupe un conto troppo salato), fa sorridere, ma francamente è molto, troppo poco.
La prova degli attori è assolutamente indecorosa sia per quanto riguarda la dizione (non parliamo del fattore dialettale, in questo caso intendiamo propriamente la capacità di articolare le semplici parole), sia per quanto concerne l’interpretazione, tanto che i vari comprimari rendono innaturale e forzato ogni dialogo.
Un’anteprima del genere in un Festival, seppur minore, sa comunque di presa in giro. Non riusciamo a credere che non si tratti di un film tappabuchi, anche se il lavoro di Sbrighi ci viene fatto passare come un commedia divertente e interessante. Se questo fosse davvero il manifesto di una nuova forma di commedia all’italiana, ci verrebbe quasi da rispondere come l’anziano tassista cubano del film...

[Novembre 2005]

Regia, soggetto e sceneggiatura: Samuele Sbrighi.


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