X Romafilmfestival - Sound barrier

Primo capitolo di una nuova trilogia sul suono, “Sound Barrier”, del regista iraniano, ma trapiantato a New York, Amir Naderi, è film estenuante nella sua graduale manifestazione visiva, ma assolutamente convincente sotto l’aspetto linguistico e contenutistico. Costruito in un bianco e nero che volge semanticamente da una drammatica staticità verso una violenza espressiva di forte valore cinetico, il film mostra la disperata quanto tenace necessità di riappropriarsi di frammenti di memoria perduta da parte del giovane protagonista sordomuto. La spasmodica ricerca del nastro contenente la voce materna, e il successivo bisogno di un tramite, che possa svelarne il contenuto, articolano la vicenda, facendoci entrare in un universo in cui l’assenza del suono e della capacità verbale sembra quasi provocare un’implosione del mondo percettivo che, al contrario, porterà ad una deflagrazione improvvisa, quanto violenta, nel momento in cui, come liberato da un peso, l’udito del ragazzo (che ha nell’intimità degli affetti la radice della sua manifestazione fisica), inizia nuovamente ad interagire con la realtà circostante. Non a caso abbiamo usato il termine estenuante, perché profondo è il disagio che si prova, nelle quasi due ore di proiezione, ad essere immersi in un’assenza sonora che incessantemente dialoga con i rumori della città: rumori, voci, suoni che quando si manifestano accentuano ancora di più la violenza della non percezione uditiva. È splendido il montaggio della seconda parte, che, alterna freneticamente le soggettive prive di articolazione sonora del giovane protagonista, al mondo, immerso nel suono che lo circonda. In questo alternarsi del silenzio e della sua assenza, il regista ci conduce sempre più velocemente verso la definitiva guarigione del protagonista. Guarigione che si manifesta in uno sfogo dalla forte potenza visiva e violentemente cinetico: la corsa del ragazzo tra le macchine e i camion, che corrono senza posa lungo il ponte, teatro dell’azione, è una corsa allucinata verso il senso perduto. I rumori diventano i primi simboli di una liberazione ormai avvenuta; liberazione che, impossessandosi anche di noi spettatori, restituisce pienamente il passaggio da uno stato di sordità ad una sublimazione del suono e dei rumori urbani. È un film, questo, che indaga sulla mutilazione di uno dei nostri cinque sensi, senza abbandonarsi a facili e banali lirismi, ma che cerca proprio nella manifestazione fisica dell’handicap la sua espressione. È un film che pretende e merita un’attenzione che deve necessariamente sconfinare nel coinvolgimento per potersi dare totalmente. La pazienza a cui, infatti, siamo chiamati, come spettatori, ci obbliga a riflettere su una prolissità che può, a volte, sembrare eccessiva, ma che, esplica pienamente e con forza il disagio di una realtà priva del colore sonoro.
Credits
Regia, Montaggio, Suono, Produttore: Amir Naderi; Sceneggiatura: Abou Barman, Heater Murphy, Amir Naderi; Fotografia: Michael Simmonds; Interpreti: Charlie Wilson, Frank Glacken; Produzione: Alphaville Films.
