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XXVI SulmonaCinema Film Festival

Pubblicato il 12 novembre 2008 da Viviana Eramo


XXVI SulmonaCinema Film Festival

Giunto a conclusione, il XXVI SulmonaCinema Film Festival conferma le sue aspirazioni di fondo. In concorso opere prime e seconde di giovani registi italiani, molto spesso autoprodotte, che non incontrano quasi mai il favore di chi decide cosa distribuire. In quest’ottica, il festival della città abruzzese ideato dall’associazione SulmonaCinema, rappresenta la possibilità di gettare uno sguardo sulle giovani tendenze del nostro cinema, molto spesso impossibilitate a raggiungere il grande pubblico nelle sale. Così tra sperimentalismo, documentari e film di fiction, prodotti più o meno acerbi, la selezione del festival ha proposto ad una giuria non a caso giovane - composta da studenti delle principali scuole o università italiane - dieci film firmati da registi alla loro prima o, al più, seconda prova. La scelta di una giuria così giovane - coordinata dall’attrice dotata di grande finezza artistica e di pensiero, Sonia Bergamasco - conferisce coerenza ad un festival che si affaccia sul giovane cinema italiano non dimenticando l’altrettanto giovane spirito critico.

Accanto a film con discreta distribuzione - come lo son stati Cover boy di Carmine Amoroso, Fine pena mai di Davide Barletti e Lorenzo Conte e Riprendimi di Anna Negri - hanno trovato spazio pellicole alla loro prima italiana se non europea. È il caso del vincitore Chris and Don di Guido Santi e Tina Mascara, documentario su Christopher Isherwood e il suo amore omosessuale per Don Bachardy, il quale - ora ottantenne - racconta la loro love story passando in rassegna decenni di storia dell’America, del cinema e dell’arte. Che il film - documentario frizzante e dal grande potere immaginifico, successo di critica e pubblico negli States - non abbia trovato posto né a Venezia, né a Roma e sia sbarcato nella cittadina abruzzese guadagnandosi la vittoria, dimostra come molto spesso al cinema degli italieni non sia permesso un ritorno in patria, segno che la fuga dei cervelli dal Belpaese non investe solo la Ricerca.
Caso simile quello di Augusto Contento che guadagna il premio come miglior regia per Tramas. “Capace di costruire una partitura polifonica della città di San Paolo”, il film è anche frutto di un lavoro assolutamente non trascurabile sui rapporti tra colonna visiva e sonora. Tramas si è aggiudicato, infatti, anche il premio per la migliore soundtrack, istituito quest’anno per la prima volta, riflesso di un’attenzione crescente del Sulmona Film Festival nei confronti dei rapporti imprescindibili – tra suono e immagini - nella narrazione cinematografica.
In un festival come questo, non poteva certo passar inosservato Beket di Davide Manuli, che si aggiudica il premio speciale della giuria. Basso budget per una rivisitazione di Aspettando Godot: bianco e nero che fotografa una Sardegna dei grandi spazi e di un’umanità assente in attesa di un dio che non verrà mai.
Vincono per le migliori interpretazioni in ex aequo Luca Lionello e Eduard Gabia per Cover boy e Alba Rohrwacher per Riprendimi, come interprete femminile.

Il Sulmona Film Festival ancora una volta conferma le possibilità di una “piccola” rassegna ma con grandi aspirazioni, seppur incappi, in più di qualche caso, in prodotti acerbi e inconclusi. Esplora nuovi modi produttivi, getta luce su una schiera di registi italiani che lavorano all’estero e che tornano sempre più da stranieri in patria. È il caso di Alessandro Fabrizi che lavora prevalentemente oltralpe e che ci regala Giving voice, documentario che - nonostante dimostri una certa immaturità sul piano formale - riesce nella complicata impresa di raccontare il laboratorio – composto dalla coach text Kristin Linklater e quindici attori di differenti nazionalità - per la preparazione della messa in scena delle Metamorfosi di Ovidio.
Interessante la sezione collaterale che si è proposta di offrire uno sguardo a posteriori sul sexantotto, ovvero un omaggio alla rivoluzione sessuale che a quella sessantottina deve la propria origine. E allora non solo è stato proiettato Psych out di Richard Rush, viaggio psichedelico e allucinato nei modi di vivere sessantottini d’oltreoceano, ma pure - tra gli altri- esperimenti unici nel cortometraggio di due grandi come Mishima e Genet , conferendogli in questo senso una veggente lucidità.

L’impressione è che il Sulmona Film Festival, piccolo festival in un piccolo centro italiano, con a disposizione spazi limitati, non rinunci a puntare in alto presentando prodotti forse ostici e decisamente di nicchia, non puntando sulla popolarità, ma sperando di fornire ad un pubblico ‘di provincia’ la possibilità di far cadere il proprio sguardo su generi e prodotti fuori dai canali convenzional-commerciali.
E visti i tagli robusti dello Stato nei confronti della cinematografia nazionale, chissà che questo tipo di cinema non ne diventi necessariamente (e ufficialmente) il più rappresentativo.


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