X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Young Adam

Pubblicato il 19 ottobre 2003 da Fabrizio Croce


Young Adam

Il grigiore dei canali e del cielo della Glasgow degli anni ’50 è attraversato da un fremito di sensualità, di morte, di violenza. Il corpo galleggiante di una giovane donna in sottoveste viene ritrovato in uno di quei canali, immergendo di colpo l’atmosfera anonima e opaca del fiume in un vortice di stordimento e perdita della stabilità sensoriale ed emotiva. Il folgorante incipit dell’opera prima di David Mackenzie, che ha adattato per lo schermo l’omonimo romanzo di Alexander Trocchi, uno dei più tormentati ed estremi rappresentati della beat generation, emulo di Jack Kerouac e William Burroughs, riempie gli occhi ed il cuore di inquietudine e lascia presagire uno scavo sempre più profondo nell’abisso del desiderio del corpo e della pulsione al suo disfacimento, alla sua distruzione. La partita è giocata da quattro personaggi: Joe, un giovane girovago seducente e tenebroso, che sembra non avere un passato; Lesile ,il proprietario alcolizzato ed impotente della chiatta dove lavora come aiutante Joe; Ella, la moglie repressa e sfiorita di Leslie; Cathie, la giovane impiegata cui appartiene il corpo ritrovato e indissolubilmente legata alla memoria e alla coscienza di Joe. Corpi e anime incandescenti dunque, che se fossero stati rappresentati con la stessa potenza espressiva di quel corpo galleggiante sul fiume Clyde, sarebbero potuti diventate una sorta di lugubre requiem visivo e sonoro - la straordinaria musica post-moderna di David Byrne - della passione fisica che diventa doloroso strumento di espiazione, furiosa ricerca di un’identità mai posseduta. E invece, ben presto, la furia erotica di Joe nei confronti di Ella viene ridotta a una serie di incontri carnali ben illuminati dalle luci livide del direttore della fotografia Giles Nuttgens, ma che non vibrano mai, al di sotto dell’immagine filmica, di quella tensione sensuale che dovrebbe accompagnare la rievocazione dell’immagine di Cathie. La rappresentazione del sesso scade nella monocorde ripetitività di azioni ed esibizione di corpi nudi la cui pur pesante concretezza non diventa mai spessore e profondità, non rimanda mai ad altro, a quello smarrimento esistenziale e morale di cui la figura di Joe, nella maschera imperturbabile di Ewan McGregor, dovrebbe essere portatrice. Rimangono, ma solo perché pulsano di vita propria, i lineamenti spigolosi e la figura secca di Tilda Swinton, il corpo accogliente e materno di Emily Mortimer, la faccia rugosa e arcigna di Peter Mullan. Come frammenti di quell’esplosiva immagine iniziale, lasciano nello sguardo un rimpianto: quello di un film in “potenza”.

[ottobre 2003]

Regia: David MacKenzie; sceneggiatura: David MacKenzie dal romanzo omonimo di Alexander Trocchi; fotografia: Giles Nuttgens; montaggio: Colin Monie; musica: David Byrne; interpreti: Ewan McGregor, Tilda Swinton, Peter Mullan, Emily Mortimer; produzione: Jeremy Thomas; origine: Gran Bretagna 2003; distribuzione: Mikado

Enregistrer au format PDF