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Zohan - Tutte le donne vengono al pettine

Pubblicato il 3 ottobre 2008 da Marco Di Cesare


Zohan - Tutte le donne vengono al pettine

Una grassa e grossa risata, anche se non dovesse salvarci, potrebbe renderci almeno più forti. Perché nelle vicende dell’agente operativo israeliano Zohan Dvir (invincibile eroe da cartoon interpretato da un Adam Sandler veramente in palla) una commedia di grana grossa e demenziale convola a nozze con la satira politica e sociale, e a braccetto si incamminano calpestando l’intero spettro che copre tutte le possibilità della comicità: dal sorriso appena accennato fino al ridere più sfrenato, ma sempre accompagnati da una leggerezza che si unisce al caos, insieme creatori di un equilibrio che vive grazie a un costante squilibrio.
Zohan è il miglior agente del Mossad e un mito per il popolo israeliano. Ma, dopo anni di battaglie che non sembrano conoscere fine, si sente stanco, deluso dall’inefficienza dell’apparato statale e militare così come dalla cultura che lo circonda, completamente prigioniera del passato. Così, quando per l’ennesima volta si trova di fronte al nemico pubblico numero uno di Israele, il terrorista palestinese Phantom (un John Turturro grande come sempre), Zohan inscena la propria morte e fugge via, lontano, lì dove i sogni sanno avverarsi: in America, a New York, per diventare parrucchiere e per abbellire il mondo. Clandestino su di un volo transoceanico, atterra sul Nuovo Continente col nome di ’Scrappy Coco’ e con uno style book datato 1987 del suo mito Paul Mitchell, colpevole di averlo convinto di come il fascino di un paio di forbici possa surclassare quello di un qualsiasi Uzi. Con un nuovo look – molto d’antan, a dire il vero – che dovrebbe permettergli di vivere in incognito, Zohan cerca lavoro, ma senza incontrare grande fortuna. Almeno fino a quando non viene riconosciuto da un compatriota suo grande ammiratore, il quale lo aiuterà a trovare lavoro a Brooklyn in un hair styling, tenuto dalla deliziosa Dalia (Emmanuelle Chriqui), che non se la passa troppo bene. Ma esiste un problema: l’attività si trova nella zona araba del quartiere, la quale, tra l’altro, non sembra avere alcun problema di convivenza con la parte ebraica che le si trova proprio dirimpetto. Zohan darà sfoggio di tutte le sue qualità seduttive nei confronti di una clientela femminile molto matura, fatto che lo renderà celebre in tutta la città, assieme al negozio in cui lavora. Peccato solo che verrà riconosciuto da un tassista palestinese che, dopo degli infruttuosi tentativi di far fuori il nemico suo e del suo popolo, chiamerà a New York niente popò di meno che Phantom medesimo.
Zohan rappresenta l’incontro tra la leggerezza propria del mostrare la superficie delle cose e la pesantezza di una demenzialità spinta. Ma in sé racchiude anche tematiche non di poco conto: perché è un film che discorre della visibilità dell’individuo all’interno di una società che sopravvive grazie al mostrare e al mostrarsi, così come della centralità di una cultura che con difficoltà permette a chi la subisce di fuggire dal proprio passato, oltre che dell’accettazione dell’altro e della libertà che solo il sesso e/o l’amore possono regalare.
Quel totem di carta patinata che Zohan custodisce con molta cura, al riparo degli occhi indiscreti dei suoi compatrioti e della sua famiglia, i quali non capirebbero la sua indole più profonda, risale al 1987, ossia l’anno della Prima Intifada. In questo modo si crea un ponte con una delle prime scene, quando dei bambini scagliano delle pietre contro il simbolo di Israele. E mentre un brivido può ben scorrere lungo la schiena dello spettatore, ben conscio ovviamente di quale orrore ciò abbia arrecato nella realtà, la sensibilità di chi guarda non dovrebbe rimanere troppo scossa quando vedrà che Zohan riesce a tramutare quelle misere armi in una piacevole scultura per bambini, con un sorriso e senza alcuna pretenziosità. In questo modo il nostro eroe mostra fin dall’inizio come voglia allontanarsi da una cultura mortifera, per approdare nei lidi di chi il mondo lo vuole soltanto abbellire. Ma l’intero film sa bene come vivere grazie al coraggio dell’equidistanza che si mostra grazie a un equilibrio tra le parti in lotta che mai appare come schematico: perché anche Phantom ci viene mostrato come un eroe, ma un eroe per il ’suo’ popolo. Mentre il vero nemico della pace è quella fascia di America Bianca che detiene il potere, rappresentata qui dall’affarista che, oltre al denaro, ama in modo particolare le misure perfette della sua bionda compagna, forme che hanno assunto il profilo di una curva al silicone. E quell’America che si ciba di dollari, agisce grazie all’aiuto di stolti razzisti da strada, uomini che odiano tutto, tranne i film di Mel Gibson (!). Ovvio come ciò sottolinei una ben precisa posizione politica per quanto riguarda gli autori del film.
Così la vera America, quella del Sogno, appartiene di più a chi si è fatto adottare da quell’ideale: lavorare e magari anche arricchirsi, ma senza calpestare i piedi a nessuno.
E visto che ogni comicità che si rispetti deve cercare di mostrare con occhi diversi i tabù della nostra società, Zohan ha il merito di abbattere i limiti posti dalla rappresentazione della sessualità di donne ormai anziane, attratte dalle fattezze di una sorta di giovane gigolò. Il tutto osservato senza alcuna scabrosità, rendendo normale quella che si penserebbe essere l’eccezione, grazie soprattutto alla leggerezza di una risata che colpisce come una fitta allo stomaco e fulmina attraverso battute, fisicità gigionesche e innumerevoli situazioni (da applausi i ’telefoni amici’ di Hamas e di Hezbollah!) disseminate lungo un film sempre amabilmente sopra le righe.


CAST & CREDITS

(You Don’t Mess with the Zohan); Regia: Dennis Dugan; sceneggiatura: Adam Sandler, Robert Smigel e Judd Apatow; fotografia: Michael Barrett; montaggio: Tom Costain; musica: Rupert Gregson-Williams; interpreti: Adam Sandler (Zohan Dvir), John Turturro (Phantom), Emmanuelle Chriqui (Dalia), Rob Schneider (Salim), Ido Mosseri (Oori), Lainie Kazan (Gail); produzione: Happy Madison Productions; distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; origine: USA, 2008; durata: 112’; web info: sito ufficiale.


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