X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Zona d’ombra

Pubblicato il 20 aprile 2016 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Zona d'ombra

"Dite la verità!"
- Dottor Bennet Omalou

"Ci vedremo sul lato oscuro della luna", cantavano i Pink Floyd. Perché anche la luna possiede un suo lato oscuro, così come tutte le cose belle. Come lo sport nasconde nella sua zona d’ombra delle pieghe oscure, tra le quali si nascondono menzogne, dramma e soldi sporchi. Lo scopo del regista Peter Landesman è proprio quello di portare alla luce una storia nera, una di quelle di cui non vorremmo mai venire a conoscenza: la storia del dottor Bennet Omalou, medico dal talento inesauribile, brillante e puro, cavaliere senza macchia e senza paura, che nel 2002 diagnosticò la CTE, una malattia che colpiva i giocatori di football, causata dai reiterati colpi subiti alla testa, avvelenandone il cervello, per poi spingerli alla follia, alla depressione, quindi, al suicidio. Una storia vera e recente. Terrificante.

Zona d’ombra (Concussion in lingua originale) traspone su pellicola, con una regia schietta e fluida, il romanzo di Jeanne Marie Laskas, affidando a un volenteroso Will Smith i panni del coraggioso dottore con lo scopo primo di muovere accuse feroci nei confronti di un sistema, la NFL (National Football League), asservito al potere di lobbysti senza scrupoli, interessati alla speculazione più cinica, noncuranti dello stato di salute di centinaia di atleti, neppure di fronte alla morte.

A metà strada tra il film sportivo e il biopic più classico, Zona d’ombra miscela con accuratezza dramma e romance, elogiando i sani principi di un uomo (il dottor Omalou), venuto da un altro mondo (la Nigeria) nella concezione più fuorviante dell’americano medio, intenzionato a distruggere un pezzo di fondamenta del Paese più glorioso del mondo. Chi è costui? Quale giovamento potrebbe mai trarre da una crociata a cui nessuno da rilevanza, se non i malcapitati ex giocatori di football e le rispettive famiglie? Può uno sport come il football, strumento necessario per il corretto funzionamento della macchina economica americana arrecare tanto dolore? Le intenzioni della Laskas e, così, anche del regista Landesman sono quelle di trascendere dalla bassezza di tutta una serie di pregiudizi, per elogiare il vero spirito americano, quello che autori del calibro di John Ford e Steven Spielberg hanno spesso impugnato come vero cavallo di battaglia per le loro opere (si veda in ultimo Il ponte delle spie), ossia la volontà di lottare per il benessere altrui: quel patriottismo radioso (Non posso tornare in Nigeria, la mia vita è qui", ripete Omalou in almeno un paio di sequenze), misto a senso del dovere e bontà d’animo, che dovrebbe risiedere in ogni cittadino americano, poiché su tali pilastri deve essere edificata l’America tutta. Il male si annida nei piani alti dei grattacieli, negli uffici dove uomini senz’anima governano il Paese come burattinai incancreniti dall’avidità: sono le lobby, il vero motore oscuro dell’America, che speculano sulle vite altrui e vendono l’anima dei cittadini al diavolo o, meglio ancora, la comprano, perché sono loro i veri diavoli. Football, armi, tabacco. Non c’è alcuna differenza.

La vittoria finale si ottiene con la glorificazione della verità, con la salvezza e la tutela della vita, non con l’ultimo touchdown. Lo sport insegna che con il duro lavoro si ottengono i risultati migliori. Certo, non sempre si può vincere, ma quel che è davvero importante è la volontà di non arrendersi mai. Che si lotti per vincere una partita o aiutare chi ne ha bisogno. Lo sport è sacrificio, non dolore. E la meta è sempre più vicina per chi non si arrende alle angherie dei potenti. Zona d’ombra si riserva, così, l’unico scopo di raccontare questa ricerca della verità, senza esagerare in moralismi, affidandosi unicamente alla forza di un eroe prima vituperato e poi glorificato e al desiderio, mai domo, di calarsi nei panni di Davide, per sconfiggere ancora una volta Golia.


CAST & CREDITS

(Concussion); Regia: Peter Landesman; sceneggiatura: Peter Landesman, Jeanne Marie Laskas; fotografia: Salvatore Totino; montaggio: William Goldenberg; musica: James Newton Howard; interpreti: Will Smith, Alec Baldwin, Luke Wilson, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Gugu Mbatha-Raw, Eddie Marsan, Bitsie Tulloch, Stephen Moyer, David Morse, Albert Brooks, Matthew Willig, Paul Reiser, Arliss Howard; produzione: Scott Free Productions, Shuman Company; distribuzione: Warner Bros. Italia; origine: U.S.A., 2015; durata: 123’


Enregistrer au format PDF