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13 - Tzameti

Pubblicato il 29 giugno 2006 da Simone Isola


13 - Tzameti

Al festival di Venezia le Giornate degli autori riservano spesso esordi interessanti e ricchi di spunti creativi. 13 - (Tzameti) è indubbiamente tra questi. L’esordio del giovane georgiano Bela Babluani visto durante l’ultima edizione dela Mostra, vive all’insegna dello stile e della tensione, risultando convincente in entrambi i casi. I temi affrontati sono caldi e profondi: la morte, il potere, il gioco invisibile del destino. L’espediente narrativo utilizzato è quello del classico scambio di persona. Il protagonista si sostinuisce ad un altro e viene catapultato in una esperienza fuori dal comune, partecipando ad un torneo di roulette russa, dove uomini scomettono sulla vita di altri uomini. L’atmosfera creata è magistralmente cupa, avida di violenza e inumanità. La stupenda fotografia in bianco e nero di Tariel Meliava crea un universo livido, opprimente, sottolinea le emozioni dei personaggi con l’uso intelligente del contrasto e della luce; non c’è il colore nel mondo degenerato e viscido di Tzameti. La vicenda acquista con questi elementi un respiro ampio, innalzandosi a simbolo della mercificazione della vita, della lotta per la sopravvivenza. Sebastian, il protagonista, segue un percorso non suo, che non può essere arrestato in alcun modo perché regolato da leggi sconosciute agli uomini. Il suo volto quasi angelico contrasta con l’ambiente cui entra a contatto, sembra una sorta di angelo caduto tragicamente nell’inumana lotta per il denaro. La direzione degli attori è precisa e curata, la regia virtuosa, energica; la macchina da presa fa sentire la propria presenza, i movimenti sono calibrati e precisi. Dove l’autore da poi sfoggio del suo estro è nella sequenza della roulette russa, tesa, vigorosa. I partecipanti al torneo sono dei piccoli mostri, schiavi della droga e della violenza psicologica, più di quella fisica. Regna la circolarità; gli uomini sono disposti in cerchio, e a ciò corrisponde la ruotazione della macchina da presa intorno alla lampadina della stanza, la cui accensione corrisponde all’attimo dello sparo. E in quest’attesa il silenzio è già presagio della morte imminente. Il protagonista vince la partita, incassa il denaro, ma le traiettorie del destino, che prima gli hanno sorriso, ora lo tradiscono. Non si è mai vincitori sino in fondo nella vita, e spesso il fato segue linee imperscrutabili.
La biografia dell’autore è piena di elementi riconducibili al film; l’infanzia trascorsa in piena guerra civile, nel caos post guerra fredda della natìa Georgia; la visione giovanile delle opere del cinema russo. Proprio quest’ultimo punto ci sembra essenziale nell’analisi stilistica di 13 - Tzameti; le immagini sono ricchissime di espressione, creano una tragicità molto intensa, che quasi rende superflui ed evanescenti i dialoghi. Dove il film rivela una certa immaturità è nell’uso eccessivo degli effetti sonori (quanti tuoni!) e delle musiche, specie nella prima parte. Forse l’effetto è voluto, ma urta con l’atmosfera tesa e cupa del duello.
Tirando le somme, la prima prova di questo giovane autore è stata brillantemente superata. Ci auguriamo ci sia per lui la possibilità di realizzare nuovi lavori, così da metter meglio a fuoco la sua personalità.

Regia: Gela Babluani; sceneggiatura: Gela Babluani; fotografia: Tariel Meliava; interpreti: George Babluani, Philippe Passon, Pascal Bongard, Vania Villers, Fred Ulysse, Aurélien Recoing, Augustin Lengrand; produzione: Les films de la Strada

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