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4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (Conferenza stampa)

Pubblicato il 23 agosto 2007 da Matteo Botrugno


4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (Conferenza stampa)

Cristian Mungiu, autore del film rivelazione dell’ultimo Festival di Cannes, 4 mesi 3 settimane 2 giorni, vincitore della Palma d’oro come miglior film, incontra la stampa affiancato dalla protagonista dell’opera, Anamaria Marinca. Molte domande sono sorte spontanee dopo la visione di un film duro, grigio e caratterizzato da un aspro realismo che non concede spazio ad alcun artificio cinematografico.

Perché la ragazza decide di non tenere il bambino ed opta per l’aborto?

Cristian Mungiu: Durante l’ultimo periodo della dittatura comunista in Romania, era impensabile che una ragazza, rimasta incinta senza essere sposata, potesse tenere un bambino. Non era un’ipotesi da tenere in considerazione in una società conservatrice come quella. La scelta dell’aborto era la più ovvia in tale contesto culturale, politico ed economico.

Da cosa nasce la decisione di mostrare il feto?

C.M.: In realtà ho girato quella scena in versioni differenti e alla fine ho scelto quella presente nel film in sede di montaggio. Volevo cercare di ricostruire l’impatto emozionale della ragazza nel vederlo. Tutto ciò mi sembrava in linea con il realismo del film. Diveniva obbligatorio inserire questa scena ma non l’ho fatto per scioccare, quanto piuttosto per rimanere in linea sia con la storia che stavo raccontando, sia con la vicenda reale che ha ispirato il mio lavoro.

Quali sono state le sue esperienze durante il comunismo?

C.M.: Noi ragazzi vivevamo una vita normale. Certo, la situazione economica non era facile, ma si poteva vivere. Tutti noi pensavamo in quel periodo che eravamo nati sotto il comunismo e ci saremmo anche morti. Il mio film però non è sul comunismo, non si accenna mai alla situazione politica, non si parla mai della dittatura. Volevo raccontare solo la storia di una ragazza che si ritrova ad abortire, non le problematiche specifiche legate all’aborto né, tanto meno, del comunismo nella Romania di Ceauşescu, cui si accenna soltanto tramite le allusioni al mercato nero e la scelta delle location.

L’aborto viene condannato dalla religione. Perché veniva vietato anche sotto un regime comunista che di certo non favoriva l’espressione di idee religiose?

C.M.: C’è una ragione ideologica per questo. Avere una grande popolazione permetteva di crescere economicamente e socialmente e significava avere nuove schiere di giovani educati ai valori socialisti. La legge del ’66 che vietava l’aborto era dunque uno dei progetti megalomani di Ceauşescu. C’è un bel documentario rumeno che si intitola Children of the decree, che parla di quelle donne non sposate che invece hanno deciso di non abortire e di tenere il figlio.

In fase di montaggio è stata eliminata una scena, quella dell’incontro fra Gabita e suo padre. Per quale ragione?

C.M.: Quando ho scritto la sceneggiatura era mia intenzione raccontare la storia di due ragazze. Ho girato comunque quella scena, che continua a piacermi molto, ma ho preferito tagliarla perchè volevo che la storia fosse vista solo con gli occhi di Otilia. Se avessi inserito la scena in cui la ragazza non era presente non avrei reso a sufficienza questo aspetto fondamentale della storia, ma avrei mostrato il mio punto di vista, cosa che non volevo. Probabilmente la inserirò nei contenuti speciali del dvd, anche perché oltre ad essere una bella scena, è significativa per quanto riguarda il rapporto genitori-figli in quel periodo, un rapporto in linea di massima sereno, ma senza troppo dialogo su argomenti importanti come il sesso e la religione.

Come ha interpretato questo personaggio sensibile e allo stesso tempo freddo e determinato?

Anamaria Marinca: Con Cristian abbiamo provato a ricostruire i sentimenti di Otilia. Abbiamo lavorato sull’aspetto emozionale della recitazione. La ragazza però non doveva risultare troppo sensibile rispetto a ciò che stava accadendo. Quindi, ad una recitazione carica di grande emotività, abbiamo alternato dei momenti in cui l’interpretazione doveva essere più frenata, anche perché quando le ragazze si trovavano in quelle situazioni c’era bisogno di grande freddezza e praticità.

Ci parli del suo nuovo progetto Tales from the golden age.

C.M.: Sto scrivendo una serie di film di trenta minuti ispirati a storie vere, dato che preferisco sempre storie realmente accadute a quelle inventate. Questi lavori avranno come protagonisti ventenni nel contesto della Romania comunista, ma mi asterrò dal far riferimento diretto alla dittatura, ispirandomi a leggende urbane che ci venivano raccontate all’epoca.

Tornerà a lavorare con Anamaria?

C.M.: Di solito torno a lavorare con gli attori con cui mi sono trovato bene e penso che farò lo stesso anche con Anamaria, dato che amo la sua recitazione incisiva ed estremamente naturale. Basta che si rifaccia crescere i capelli (ride, n.d.r.).

Com’è la situazione dell’aborto in Romania?

C.M.: Abortire oggi è legale ma, anche se tutti possono avere accesso all’informazione, non si conoscono ancora del tutto i metodi contraccettivi e si finisce per scegliere l’aborto come metodo contraccettivo.

Come donna che emozioni ha provato nel recitare in questo film?

A.M.: Come donna penso che l’aborto sia la più terribile delle scelte, ma la mia non è affatto una presa di posizione religiosa. Ritengo che sia giusto che ognuno abbia la libertà di scegliere quelle che meglio crede, senza pregiudizi. Non penso però che gli uomini dovrebbero decidere della vita o della morte di qualcun altro.

Lei ha recitato nell’ultimo film di Francio Ford Coppola, Youth without youth

A.M.: Ho interpretato una piccolissima parte, la protagonista è un’altra attrice rumena, Alexandra Maria Lara. Però sono stata sul set di uno dei più grandi registi viventi per ventiquattr’ore, ed è stata comunque una bellissima esperienza.



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