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A EST DI BUCAREST

Pubblicato il 5 ottobre 2006 da Marco Di Cesare


A EST DI BUCAREST

Il ’68: a Ovest la ricerca della libertà nel Comunismo, a Praga il tentativo di una fuga lontano da esso. L’89, inverso del ‘68: fine di un’epoca e di un’intera società col suo modus vivendi, nel bicentenario della Rivoluzione per antonomasia. E inizio di una nuova epoca, chiusa fra il 9/11 e l’11/9, due opposti accomunati solamente dal crollo di novecentesche costruzioni umane: due Muri, due Torri, la genesi di un nuovo Rinascimento e la sua repentina conclusione, la fine della Storia e l’inizio di un ennesimo scontro di civiltà, l’attesa trepidante per lo straniero e la paura dell’Altro.
I numeri, le date, sono le tacche grazie alle quali segniamo lo scorrere della nostra vita: non si deve rimanere prigionieri del proprio passato, ma non si dovrebbe neanche dimenticarlo, per non essere condannati a riviverlo senza accorgersene.

22 dicembre 1989: il crollo del regime di Nicolae Ceauþescu. 12.08: a Vaslui, cittadina a est di Bucarest, un momento ben preciso rappresenta la fine del passato, diga ormai crollata sotto i colpi di una folla tracimata per strada e nella corrente della Storia. Ma questa diga è stata demolita, oppure è implosa per inerzia?
Manescu (Ion Sapdaru) è professore di storia in un liceo, uomo di mezza età preda della bottiglia e di un ‘89 che non riesce a dimenticare; Piscoci (Mircea Andreescu) è un anziano che ad ogni Natale, da sempre, si veste da Santa Claus; Jderescu (Teo Corban) è un giornalista loro amico, che invita i due a un dibattito televisivo per capire, nell’anniversario di quel 22 dicembre, se gli abitanti di Vaslui abbiano partecipato direttamente all’abbattimento del regime: in particolare vuole intervistare Manescu, che afferma di essere sceso nella piazza del municipio quel fatidico giorno, assieme ad alcuni suoi colleghi (tutti morti, tranne uno migrato in Canada) a protestare contro la dittatura, ricevendo in cambio le manganellate della Securitate. Ma le telefonate del pubblico da casa, voci di testimoni oculari nel 1989, trasforma il dibattito in un gioco al massacro contro Manescu, accusato di essere un bugiardo ubriacone. E a noi, come a loro, rimane il dubbio se mai la Storia abbia toccato anche Vaslui.

A est di Bucarest segna l’esordio nel lungometraggio del 31enne Corneliu Porumboiu, giovane di belle speranze dalla mano sicura e dallo sguardo da probabile futuro auteur, vincitore con questo film del Camera d’Or a Cannes 2006. Il regista romeno ha realizzato una commedia dell’assurdo, che sa indurre gustose accorate risate, in particolare quando si fa beffe di certe tipologie di vita nelle città di provincia, e sa come rimanere sospesa in perfetto equilibrio tra ironia e malinconia, all’interno di un gioco tra il vero e la sua negazione, con al centro le tematiche del ricordo personale e della soggettività come unici metodi di approccio al Reale e dell’apparenza come base del nostro vivere, in un film già maturo che non vuole fornirci risposte, ma dubbi e inaspettate connessioni logiche, tali da rendere il film un’opera di poesia mai fine a se stessa, frutto di quello che appare come un forte bisogno interiore dell’autore. Ed è un film del tutto particolare anche rispetto a tante commedie provenienti dai Balcani: ne è segno manifesto soprattutto la scelta di utilizzare la musica in modo molto parco, e mai a commento, quasi a volersi allontanare da cliché di qualsiasi sorta.
Le vicende vengono narrate attraverso uno stile simil-documentaristico, con rari movimenti della mdp e lunghi piani sequenza che permettono agli interpreti di farsi spazio dentro l’inquadratura e di vivere in essa come persone reali, ma sempre dando la sensazione di mettere in scena un’umanità sconfitta, a tratti addirittura schiacciata dai bordi del quadro. Un passato così vicino, agli occhi di un giovane appare talmente lontano, da dover essere ri-costruito tramite un meccanismo perfetto, che però non inficia l’obiettività d’insieme, tipica di uno sguardo distante.
Nella prima parte possiamo seguire le vicende private dei tre protagonisti, mentre quella mediana è interamente occupata dalla lunga scena ambientata nello studio televisivo, coi tre attori posti davanti ad un fondale che ritrae la famosa piazza del municipio, vuota, senza alcuna presenza umana; l’epilogo è accompagnato dalle parole del giovane cameraman, evidente voce del suo coetaneo Porumboiu, sulle immagini della notte che scende su Vaslui, immersa nel silenzio, con le prime luci che si accendono, forse pronta a vivere un altro Natale, approfittando della gioia del momento, «prima che la neve diventi fango», senza tormentarsi nel ricordo di un passato che le lacera l’anima.
A est di Bucarest può ben essere considerato come una delle migliori commedie degli ultimi anni e, in definitiva, come un film bello oltre ogni modo.

Conferenza stampa Corneliu Porumboiu

(A Fost sau n-a fost?) Regia, soggetto e sceneggiatura: Corneliu Porumboiu; fotografia: Marius Panduru; montaggio: Roxana Szel; musica: Rotaria; interpreti: Mircea Andreescu (Piscoci), Teo Corban (Jderescu), Ion Sapdaru (Manescu); produzione: 42 Km Film; distribuzione: Istituto Luce; origine: Romania 2006; durata: 89’; web info: sito distributore italiano.

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