A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III
Roman Coppola è essenzialmente uno scrittore, l’uomo delle parole e dell’immaginario. Capace di rendere, di più di tanti altri, situazioni paradossali intimamente semplici e sentimentalmente veritiere, questo grazie anche a un tono rappresentativo garbato, sofisticato e pacato.
E questo suo stile, questo suo modo di vedere il mondo, già così manifesto nei film scritti per Wes Anderson, è in questo divertente A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III ancora più evidente. Riservare poi questa sceneggiatura per se, è stato forse un atto necessario. Soprattutto per il carattere personale che questa storia sembra voler raccontare. E’ facile infatti individuare alcuni evidenti elementi autobiografici nel film: la sorella del protagonista che sembra ricordare molto Sofia Coppola; il numero III nel cognome come l’ordine gerarchico di una famiglia nobile (lui Roman nipote di Carmine Coppola e figlio di Francis Ford); la casa del protagonista e il suo studio, che sono la vera casa e il vero studio di Roman. Tutti elementi familiari sono la geografia emotiva e reale in cui l’autore muove e sviluppa la storia.
Storia semplice in fondo che racconta del superamento di un abbandono di un amore. Della capacità di separarsi da un dolore e da uno stato d’animo afflittivo.
Charles Swan III (Charlie Sheen) è un creativo e un disegnatore, un uomo delle immagini, in totale antitesi col narratore Roman. Ma questa antitesi è solo formale, i due linguaggi sono disgiunti ma correlati, figli dello stesso processo creativo. L’autore si identifica allora ancor più intimamente col protagonista in virtù di questa sua necessità di raccontare e quindi di mostrare questo lato creativo personale, mettendosi inevitabilmente in gioco. La fantasticheria raccontata allo psicologo, e quindi al pubblico, all’inizio del film è la dichiarazioni di intenti, la volontà di aprirsi di mostrare il lato più intimo del protagonista e quindi per analogia dell’autore.
Fantasticheria che rimanda, con un certa voluta ingenuità, al passato e al Sogni proibiti (The Secret Life of Walter Mitty) di Norman Z. McLeod con Danny Kaye, da cui mutua quel processo immaginifico e trasognante con cui l’autore (re)immagina la vita investendola di quel sapore nostalgico, il film è per questo ambientato negli anni 70. I sogni ad occhi aperti e coscienti, sono la maniera in cui si il protagonista fa i conti con se stesso, con la sua storia, con i suoi desideri e le sue amicizie. E’ paradossalmente il tempo della ragione cosciente, un castigo e una prigionia dell’anima in antitesi alla funzione naturale del sogno, inteso come liberazione non cosciente. “..Voglio essere libero..” dice Charles in più occasioni, mostrando quell’impossibilità alla “separazione”, funzione centrale dell’evoluzione degli stadi emotivi. Centrale è il finale in cui, proprio con un gesto privo di ragioni come il lancio delle scarpe, è simbolo di questa libertà finalmente raggiunta.
(id); Regia: Roman Coppola; sceneggiatura: Roman Coppola; fotografia: Nick Beal; montaggio: Robert Schafer; musica:Liam Hayes; interpreti: Charlie Sheen (Charles Swan III), Jason Schwartzman (Kirby Star), Bill Murray (Saul), Katheryn Winnick (Ivana), Patricia Arquette (Izzy); produzione: American Zoetrope, The Directors Bureau; origine: U.S.A., 2012; durata: 86’