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A woman, a gun and a noodle shop - Berlino 2010 - Concorso

Pubblicato il 14 febbraio 2010 da Giovanella Rendi


A woman, a gun and a noodle shop - Berlino 2010 - Concorso

Davanti alla prospettiva del remake di Blood Simple da parte di Zhang Yimou tutto appare possibile. Cosa aspettarsi dal più cinese dei venerati maestri quando incrocia la strada dei due Fratelli Terribili del cinema d’autore americano? Abbandonerà finalmente il suo splendido manierismo anche troppo orientale e rischierà? No, non rischierà, diciamolo subito. A woman, a gun and a noodle shop ricalca abbastanza fedelmente la sceneggiatura di Blood Simple e si serve abilmente degli incredibili colpi di scena inventati dai Cohen (a cominciare dal cadavere che si risveglia proprio mentre viene seppellito, per proseguire poi con gli innumerevoli incidenti di percorso che disturbano l’assassino nei suoi tentativi di furto) ma per non sbagliare, non sia mai che non venga immediatamente riconosciuto lo Zhang’s touch, ambienta tutto nella Cina Medievale con grande profusione di inquadrature di un deserto screziato di tutte le sfumature del fulvo, nuvole in viaggio, paesaggi notturni illuminati dalla luna, il tutto esasperato da una serie di virtuosistici dolly.
Una profusione di “aggettivi” cinematografici che mal si concilia con quella che in origine era una piccola e grottesca vicenda di provincia, in cui la sordidezza della trama si rispecchiava anche in un’estetica volutamente “sporca”. Il contraltare di cotanta bellezza naturale è poi un microcosmo di casette nel mezzo del nulla, che invece di conferire al tutto una certa claustrofobia o quanto meno una tensione centripeta, diviene una sorta di palcoscenico da pochade francese in cui si muovono compulsivamente dei personaggi bidimensionali e stereotipati (il vecchio cattivo, la giovane moglie infelice, il giovane amante, il cattivo, l’inserviente). In particolare, poi, le figure umoristiche risentono di quella sovrabbondanza caricaturale tipica del “buffone” della tradizione teatrale e cinematografica orientale, che riesce così fastidiosa ad uno spettatore occidentale.
Non manca una vena di sottile umorismo nell’assurdità delle situazioni e dei dialoghi, nè un affettuoso citazionismo (la prima sequenza, in cui un mercante persiano di passaggio espone i suoi prodotti tra cui la famosa pistola del titolo, è un evidente omaggio a Tarantino) nè persino una certa tendenza all’autoironia, nella acrobatica scena della preparazione della pasta che sembra un’esibizione di pugnali volanti. Sembra però che Zhang Yimou abbia voluto più che altro concedersi un divertissement in ricordo di un film che aveva visto vent anni fa e poi mai più (ipse dixit).
Allo spettatore, a parte qualche risata e la solita involontaria ammirazione per la perfezione estetica, resta soltanto il volto impassibile dell’assassino interpretato da Sun Honglei, non a caso stimato tra i migliori attori cinesi di oggi, splendida commistione di ironia e di crudeltà.


CAST & CREDITS

(San Qiang Pai An Jing Qi); Regia: Zhang Yimou; sceneggiatura: Xu Zhengchao, Shi Jianquan, tratta da Blood Simple di Joel und Ethan Coen; fotografia: Zhao Xiaoding; montaggio: Meng Peicong; musica: Zhao Lin; interpreti: Sun Honglei (Zhang), Xiao Shenyang (Li), Yan Ni (La moglie di Wang), Ni Dahong (Wang), Cheng Ye (Zhao), Mao Mao (Chen); produzione: Beijing New Picture Film Co., Ltd.; distribuzione: Wild Bunch; origine: Cina, Hong Kong, 2010; durata: 95’


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