Abbiamo veramente ascoltato Whiplash?

Whiplash si presenta come una moderna “favola sonora” nata dalla passione per la musica Jazz e suggestionata dal fascino mitico delle biografie dei grandi maestri del genere.
C’è un’ossessione: quella per l’alto-sassofonista Charlie Parker.
Il musicista si inscrive nell’immaginario collettivo come “Bird” - uno dei musicisti più tecnici agili ed espressivi di tutti i tempi - solo a seguito di una pratica e costanza feroce applicata allo strumento stimolata da una bruciante umiliazione ricevuta in pubblico.
Il principale obbiettivo della folle didattica del maestro Fletcher, coprotagonista nel film, è di infliggere lo stesso trattamento ai suoi allievi col fine ti plasmare il nuovo “Bird”.
Qui però ci occupiamo di colonna sonora e non indugeremo più di quanto già fatto sulla trama.
Pericolo scampato
In un film in cui protagonista indiscusso è il Jazz – in particolare il Bop- si corrono dei rischi evidentissimi: stereotipare la musica oppure attirarsi le antipatie degli amanti del genere.
Questi rischi sono stati evitati magistralmente.
Principali artefici di questo successo sono due compositori e musicisti: Justin Hurwitz e Tim Simonec.
I due compositori -in questo caso anche arrangiatori- si dividono la scena equamente componendo, il primo, le musiche originali che accompagnano lo spettatore del film (tra cui il "leitmotiv" Casey’s Song e No two words) e, il secondo, le composizioni suonate dalla bigband durante le competizioni.
Il tutto si arricchisce di richiami a brani originali Jazz abilmente ri-arrangiati ed utilizzati per delineare quel “filo rosso” che accompagna Andrew (batterista protagonista del film) in tutte le sue fasi di studio dello strumento: da Intoit di Stan Getz a Cathy’s Song di Buddy Rich (il vero modello ed ispirazione di Andrew).
Alludere per citare
Caravan, brano originalmente composto da Juan Tizol e Duke Ellington, guida letteralmente tutta la preparazione tecnica del batterista ponendogli i più seri problemi di esecuzione e di autostima: il film, non a caso, chiude il suo intreccio narrativo con un lunghissimo solo di batteria che permette al ragazzo di stabilire la propria leadership, rispetto al duro insegnante, all’interno della bigband.
La citazione qui è netta ed inequivocabile e riesce ad evocare una correlazione netta tra il giovane protagonista e la figura del suo vero idolo, ovvero, Buddy Rich: Caravan, nella versione del 1962 è stata registrata introdotta da un lungo assolo proprio da Rich alla batteria.
Interessante notare come i compositori ed il regista siano riusciti a rendere al meglio l’effetto espressivo-narrativo proposto dalla trama senza ricadere nei soliti cliché: non troviamo nessuna traccia in riferimento al pluri-citato Charlie Parker, ma un sottile ammiccamento alla musica del periodo Bebop attraverso il brano Caravan che riesce a condensare in sé lo stile di riferimento ed il richiamo esplicito ai batteristi che hanno reso grande lo strumento in quel periodo (vd. anche i soli di Jo Jones sullo stesso brano).
E "Whiplash"?
Il titolo di questo buon film è anch’esso scaturito da un brano musicale composto da Hank Levy e reso famoso soprattutto nella versione di Don Ellis del 1973. Il brano, inizialmente in 7/4, si pone come nella produzione del compositore come un manifesto di una ricerca metrico-ritmica che ha fatto da ponte tra il jazz delle origini ed il contemporaneo, traghettandolo per quel processo di ibridazione che ha accompagnato la nascita del jazz-rock.
Un’altra scelta vincente esposta con orgoglio nel film che riesce a sintetizzare al meglio il rapido e doloroso percorso di studi che il protagonista deve affrontare e, con lui, anche molti altri musicisti che vogliono confrontarsi con l’ambigua, sterminata ed affascinante tradizione della musica Jazz.
