È difficile pensare che in posti dalla bellezza sconvolgente come la Colombia, dei bambini, il cui unico pensiero dovrebbe essere quello di sognare e crescere sotto l’ala protettiva di una famiglia serena, siano invece costretti a conoscere la paura di una spada di Damocle sempre pronta a calare sulle loro teste come un’ingiusta ghigliottina. Obbligati a conoscere fin da subito l’orrore, il sangue e la morte che i paramilitari, presenti nelle zone di conflitto dell’affascinante nazione sudamericana, portano in mezzo a loro e alle loro famiglie. «Gli hanno rubato il futuro» dice ad un certo punto la disperata maestra delle elementari, guardando verso i suoi alunni che giocano felici con delle armi di legno, sognando un domani (che mediamente comincia ad avverarsi verso i dodici anni!!!) di diventare il capo dei paralimitari, imponendo ingiusti codici comportamentali e sanguinose imposte. Enrica Colusso segue con la sua telecamera le movenze e gli sguardi dei suoi protagonisti in maniera molto intima, lasciando intendere allo spettatore di essere diventata molto amica dei ragazzi e delle persone, volontarie protagoniste di un involontario ed ingiusto destino. Sguardi senza speranza che troppo presto hanno perso il gusto di guardare al mondo come se tutto fosse comparso all’improvviso davanti ai loro occhi, con meravigliata ingenuità. La Colusso li osserva ed interroga con fare materno, dicendoci che quei giochi di guerra, che per noi, durante l’infanzia hanno significato la semplice emulazione di film western leoniani, per loro sono un’inconsapevole addestramento per un domani che odora di sangue. Così l’ingenuo e giocoso sguardo del piccolo Miguel Angel è destinato a trasformarsi in quello triste e rassegnato di Huriday, ragazzo di quattordici anni, che sogna un futuro fatto di libri e felicità, fino a quando non si vede costretto a gettare la spugna e ad arruolarsi nelle fila delle tanto temute truppe che controllano la sua zona. Intenso e commovente, uno dei migliori documentari della sezione.