Venezia 71 - Altman
Che dire di "Altman", puntuale, intelligente, ispirato, commovente documentario sul più eclettico e libero regista americano? Che non va perso per nulla al mondo. Un’ora e mezzo di full immersion nel percorso artistico e umano di un uomo che ha rivoluzionato il cinema americano. Il regista Ron Mann, con il consenso e il coinvolgimento della famiglia, ha recuperato materiali inediti, cortometraggi anomali (come Pot au feu sul surreale passaggio di mano dello spinello perfetto, evidentemente a favore della marijuana), filmini amatoriali, piccoli film diretti e interpretati dai suoi numerosi figli da bambini, puntate di serie televisive, preziosi backstage dei capolavori altmaniani, M*A*S*H, Nashville, Buffalo Bill e gli indiani, Un matrimonio, fino a Gosford Park e Radio America.
Mann conia "Altmanesque", l’aggettivazione di un cognome che ha lasciato il segno. Le differenti parti del documentario sono intervallate da inquadratura fissa su nero in cui, anticipato dalla voce che pronuncia "Altmanesque", appare il primo piano di un attore o di un collaboratore di Altman che definisce il neologismo con la sua personale definizione.
Da Elliot Gould a James Caan, a Paul Thomas Anderson, a Sally Kellerman, a Michael Murphy.
Per Robin Williams significa "aspettarsi l’inaspettato", per Julianne Moore è sinonimo di "essere vulnerabile", per Bruce Willis "prendere a calci gli studios di Hollywood".
Il regista più indipendente americano raccontava che per lui "fare un film è come costruire un castello di sabbia. Si va in spiaggia con gli amici e se ne costruisce uno, poi ci si mette seduti a bere una birra aspettando l’arrivo delle onde". E su questa perfetta metafora del metodo almaniano, il regista Ron Mann apre il documentario su una inquadratura fissa di spiaggia e fondo mare in cui due volontari abilissimi costruiscono un castello di sabbia degno dei migliori architetti del mondo. Un capolavoro. Destinato ad essere portato via dalla marea.
Il film racconta l’uomo e il regista, il padre e l’innovatore, il ricercatore del realismo corale, l’inventore dell’overlapping, la sovrapposizione del parlato di più personaggi contemporaneamente: idea che gli costò il licenziamento dal set di Countdown. Autore eclettico, libero e libertario, vitale e godereccio, giocatore per eredità paterna ma solo per emergenza, marito trentennale di Katherine, incontro fondante della sua vita, che gli è rimasta accanto fino alla fine.
Uno dei momenti più emozionanti è quando, nel 2006, accettò l’Oscar alla carriera. Nel discorso di ringraziamento raccontò che il cuore che aveva in petto era di una trentenne e gli avrebbe garantito ancora qualche decennio di attività. Scomparve, purtroppo, solo pochi mesi dopo.
Una frase che difficilmente un regista contemporaneo direbbe: "io sono coerente e seguo la mia strada, che solo occasionalmente attraversa i gusti del pubblico". Riguardo a Hollywood: "Io non so fare i film che interessano a loro e a loro non interessano quelli che so fare io".
Per nostra fortuna Altman sarà il primo film distribuito in sala, da ottobre, da MyMovies.it in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema, e poi sarà trasmesso sul piccolo schermo da Studio Universal nell’ambito di uno speciale omaggio dedicato al grande regista americano in occasione dei 90 anni dalla nascita. Questo film è un importante documento di una carriera unica e spettacolare. Buona visione a tutti.
(Altman); Regia: Ron Mann; sceneggiatura: Len Blum; fotografia: Simon Ennis; montaggio: Robert Kennedy; musica: Phil Dwyer, Guido Luciani; interpreti: Paul Thomas Anderson, James Caan, Keith Carradine, Elliott Gould, Sally Kellerman, Lyle Lovett, Julianne Moore, Michael Murphy, Lili Tomlin, Robin Williams, Bruce Willis, Kathryn Altman; produzione: Sphynx Production; distribuzione: MyMovies.it, Feltrinelli Real Cinema; origine: Canada, 2013; durata: 95’