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Amore che vieni, amore che vai

Pubblicato il 14 novembre 2008 da Simone Isola


Amore che vieni, amore che vai

E’ una strana favola dei primi anni Sessanta, tra i caruggi e il porto di una Genova cantata da tanti cantautori. Qui, nel cuore della città vecchia, ’dove il sole del buon Dio non da i suoi raggi’, si incrociano le vite di tre uomini: Bernard, un contrabbandiere francese passato dalle file della resistenza alla malavita; Carlo, un giovane pappone dal volto febbrile; Salvatore, un pastore sardo membro dell’anonima sequestri, scappato a Genova carico di denaro per rifarsi una vita. Carlo protegge tre ragazze: Luciana, Antonia e Veretta. Di quest’ultima si innamora Salvatore, che tenta subito di farle abbandonare la strada. E poi Maritza, giovane fiorentina dal fisico statuario che fa perdere la testa a Carlo e a molti uomini che incontra per la sua strada. Una volta mollato, il giovane pappone si chiuderà in casa per giorni senza vedere nessuno, in preda allo sconforto. I tre uomini si ritrovano complici di un colpo che cambierà per sempre le loro vite, ma non nel modo che sperano loro.

Il tono della storia è fiabesco, quasi incantato; nel trasporre liberamente il romanzo di De Andrè e Gennari, “Un destino ridicolo”, Daniele Costantini (con l’aiuto di Franco Ferrini e Antonio Leotti) ha puntato soprattutto sulle vicissitudini sentimentali dei protagonisti. Anche il sesso, anche quando consumato previo pagamento, non è mai un atto sporco e volgare, mantiene sempre una leggerezza quasi poetica. L’atmosfera ricreata non è realistica: sembra di essere in un teatro di posa, e la recitazione è molto surreale (specie quella di Paravidino). Ci si abbandona alle suggestioni poetiche di alcune canzoni memorabili: Veretta, un’intensa Donatella Finocchiaro, ricorda la prostituta di “Via del campo”, triste, malinconica, così come l’ambientazione sembra seguire i versi di “La città vecchia”. Suggestivo il commento musicale di Piovani, che ammanta il film di sogno ricreando l’atmosfera di quegli anni senza citare didascalicamente le canzoni di De Andrè, che sono quasi del tutto assenti. La storia passa dalla prima parte, espositiva, ambientata nel cuore della città, alla seconda parte che ruota intorno al porto, dove si sviluppano le varie linee narrative. Su tutto regna un senso di sospensione tipico del racconto fiabesco, il porsi senza preconcetti o moralismi di fronte a figure popolari, aderendo spontaneamente a un modo di narrare e a mondo poetico. Una libertà creativa che rispetta la personalità di De Andrè, la grande libertà creativa, l’apertura mentale e culturale, il sentimento di libertà. E se il favolismo del film non sempre convince, il rischio è comunque calcolato: impossibile fare sociologia o mantenere uno sguardo realistico partendo da un testo dove il cantautore genovese aveva già profondamente rielaborato le storie e le esperienze vissute da giovane. E’ un racconto popolare, una storia d’amore e di malavita, fatta di leggerezza ma anche di grande trasporto emotivo.


CAST & CREDITS

(Amore che vieni, amore che vai); Regia: Daniele Costantini; sceneggiatura: Franco Ferrini, Antonio Leotti, Daniele Costantini (basata sul libro "Un destino ridicolo" di Fabrizio De Andrè e Alessandro Gennari); fotografia: Alessio Gelsini Torresi; montaggio: Carla Simoncelli; musica: Nicola Piovani; interpreti: Fausto Paravidino, Filippo Nigro, Massimo Popolizio, Donatella Finocchiaro, Tosca d’Aquino, Claudia Zanella, Agostina Belli; produzione: Goodtime con Rai Cinema; origine: Italia, 2007; durata: 101’


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