Amore liquido

Ecco un altro film indipendente italiano. Piccolo, nascosto, interessante. E’ un piccolo film, "fastidioso", turbante, angosciante. Sociologico nel tema, ma sufficientemente valido espressivamente per essere apprezzato semplicemente come film. E’ un lavoro inquietante, maschile, urbano come un altro recente film italiano: Pietro, di Daniele Gaglianone. Che è piuttosto efficace nel denunciare il dolore che si arrampica sopra le nostre abitudini, i nostri vicoli ciechi, le nostre vite manipolate dal presente. E’ un lungometraggio sulla sessualità contemporanea, certo, sulla porno-dipendenza, come precisa l’autore, ma è anche, e per fortuna, un film sulla solitudine, ed è quindi un’opera che fa paura, perchè tocca uno dei tasti più delicati del nostro sistema socio culturale, ma anche di sempre: il disagio e la sofferenza provocate dal fallimento delle relazioni umane.
E’ la storia di un’implosione nutrita dalla contemporaneità e dalle sue stregonerie tecnologiche, preziose e crudeli nell’offrire vie d’uscita alle umane difficoltà, e per ciò capaci di evitare la crescita, di cristallizzare la crisi, di irrobustirla e alimentarla con balsami dolorosissimi e velenosi. Si intitola Amore liquido , è tragico, ed è l’opera prima di un autore nato a Carrara nel ’77, che ha studiato cinema a Bologna, e che si chiama Marco Luca Cattaneo.
Il suo film ha vinto il Riff ed ha ben figurato in altri Festival di cinema (Miff, Maremetraggio). E’ costato in tutto meno di trentamila euro ed è stato prodotto in equipe, un pò di soldi a testa, tra tutti quelli che hanno preso parte al progetto.
Amore liquido è un film che cerca il presente, e perciò si appoggia al saggio omonimo del sociologo Bauman. Racconta la storia di un uomo intorno ai quaranta, silenzioso, in sovrappeso, ordinario, smarrito. Immobile o quasi, con gli occhi spenti e la barba di un centimetro, fermo nelle abitudini e nelle angosce della sua vita invisibile e bloccata, ingabbiata, impaurita. Accettabilmente paradigmatica al di là degli estremi che il film sfrutta, senza rinunciare a schematismi perdonabili nei personaggi, manichei e tipizzati, un pò, ma anche capaci di odorare di vero.
L’uomo si chiama Mario e lavora la notte come netturbino in una Bologna filmata d’agosto, indifferente e triste, vuota come la sua vita. Vive con una madre vecchia e malata. Non ha amici, e l’unico scambio emotivo che scuote la sua anima paralizzata avviene con il PC. Mario chatta, visita siti porno, si masturba e delega al virtuale il compito di soddisfare, assai momentaneamente, le proprie naturali e fondamentali esigenze. I suoi sogni non escono dalla sua stanza, se lo fanno muoiono di fronte alla vita, alla luce e alla natura. E’ una malattia invisibile, che la nostra società forse produce, e che di sicuro non aiuta a sconfiggere.
Un giorno, spinto da ciò che resta del suo bisogno degli altri, Mario si imbatte in una ragazza giovane e bella, madre di una bambina e più sana di lui, o semplicemente più forte, da un punto di vista psichico e sociale.
Nella tensione sottile che il regista riesce a creare, sembra nascere la possiblità di una relazione tra i due, che all’uomo salverebbe la vita, se solo riuscisse a sbloccare la sua energia trattenuta, se vincesse la sua silenziosa paura e desse via libera al suo sacrosanto bisogno di amare e di essere amato.
La sofferenza e il disagio nelle relazioni non sono nate certo con la tecnologia, ma i pericolosi effetti che questo strumento produce, meritano di essere analizzati e posti all’attenzione del pubblico. Il film lo fa, raccontando una storia che sta in piedi anche per scrittura, cast e regia.
Regia: Marco Luca Cattaneo; Sceneggiatura; Marco Luca Cattaneo; Davide Turrini, Marcomario Guadagni; Fotografia Antonio Veracini; Interpreti: Stefano Fregni, Sara Sartini; Produzione: Nicola Fontanili; Andrea Cattaneo, Marco Luca Cattaneo; Pier Paolo Paganelli; Formato; HD portato in 35mm; Durata: 90’
