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Andante ma non troppo

Pubblicato il 5 marzo 2012 da Edoardo Zaccagnini


Andante ma non troppo

In realtà italiani lo siamo da tempo, da molto prima che diventassimo Paese, Nazione. Già da quando il canto di Dante si faceva lamento:"Ahi serva Italia, di dolore Ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta". E più tardi, poco prima dell’Unità, dopo aver fallito con i nostri embrionali tentativi di rivoluzione, cantavamo in italiano nei teatri, sentivamo la musica di Verdi e i cori delle sue opere si facevano slogan. Quelle note parlavano di altri popoli ma parlavano di noi, allargandoci il cuore e la mente. Quel melodramma potente ci faceva sentire italiani con una forza che è arrivata fino ad oggi, per valore suo, e che ancora è grande. Lo racconta e lo testimonia il film Senso, di Luchino Visconti, del 1954, inserito a frammenti nel documentario insieme a tanto altro materiale di diversa provenienza. E’ la lingua dei libretti d’opera ad unirci, prima della politica e prima del 1861: si canta in italiano prima che l’Italia esista, e basterebbero queste prime valide informazioni, queste curiose considerazioni e riflessioni, a fare di Andante ma non troppo, di Enrico Cerasuolo, un lavoro interessante. Che è documentario di viaggio nel tempo denso e fluido della nostra breve Storia. In quattro capitoli, per quattro Italie figlie di una sola. Liberale, fascista, repubblicana due volte. Incontriamo presto, lungo una strada della memoria che conduce ai tempi nostri, un Garibaldi descritto come catalizzatore esterno di un processo rivoluzionario siciliano, e quel suo incontro con l’Isola è da subito sorgente infuocata di equivoci e malintesi: si incontravano là due concetti diversi di libertà, coi siciliani che iniziarono presto a vedere lo stato come un nemico. E’ un mito popolare, il Garibaldi di Cerasuolo, e non solo suo, rimasto impresso nella nostra tradizione al punto che ogni parte politica ha deciso a posteriori di appropriarsene. L’Italia che è venuta dopo, dei grandi nomi e delle date, oltre a quella di tutti i giorni, dei contadini che l’Italia non sapevano nemmeno cosa fosse. C’è anche quel paese, ricorda il regista/autore, quella Nazione arcipelago che si incontra nelle trincee di montagna alpina, impaurita, per forza, per guerra, e che solo lì capisce il significato della parola Italia. Che significa anche nuovo mondo, che fugge dall’altra parte dell’oceano, l’Italia dei saluti ai piedi di mostri marini enormi di ferro, sopra gelide e tristi banchine. Fazzoletti bianchi e vapore nero, per dire che sono tante le immagini prodotte da questo viaggio cinematografico, e ottime le parole degli esperti che intervengono a precisare, ricordare, strappare l’inutilità del luogo comune. Non volti noti, popolari dello schermo. Studiosi, soprattutto, esperti quotidianamente al lavoro sulle sorti e i capitomboli di un’Italia descrivibile in mille modi e fotografabile in tanti modi e tanti momenti. Storici non solo italiani, per un misto di passione, appartenenza e giusta distanza, per quasi due ore di risalita utile, compilativa, lineare, attenta ad evitare la superficialità, impegnata nel mantenere alto il ritmo della narrazione. La proposta è del cinema Aquila di Roma, per chi vuole, là questo documentario prende posto.


CAST & CREDITS

Regia, soggetto e sceneggiatura: Enrico Cerasuolo; Interpreti: Giovanni Carpinelli, Luisa Passerini, Giovanni De Luna, Walter Barberis, Ducan McDonnel, Lucy Riall, John Foot, Sebastiano Vassalli, Vincenzo Consolo, Sandro Cappelletto, Marc Lazar, Salvatore Lupo, Silvana Patriarca, Chiara Saraceno, Ducan McDonnell (Consulenza Storica), Musiche: Gregorio Caporale; Montaggio: Ruben Korenfeld; Fotografia: Nina Bernfeld Paolo Rapalino; Produttore: Massimo Arvat, Serge Lalou; Produzione: Zenit Arti Audiovisive, Les Films D’Ici, ARTE France; in collaborazione con RTSI Televisione Svizzera Formato di ripresa: HD


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