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Angel

Pubblicato il 5 ottobre 2007 da Fabiana Proietti


Angel

‘A me non interessa quello che è reale ma quello che è bello! ’
E’difficile non leggere in questa frase, pronunciata con veemenza nel corso della pellicola dal personaggio di Angel, l’intera poetica ed estetica di François Ozon, uno degli autori più controversi dell’ultimo cinema francese.
La raffinatezza formale di ogni sua pellicola è lì a dimostrarlo: la ricerca dell’inquadratura bella, che diventa solo di conseguenza giusta e vera, è testimone di un’idea di cinema essenzialmente visivo – benché il regista insista (cfr. le dichiarazioni della conferenza stampa) sui temi e i messaggi presenti nel film – che trova nella confezione di un’immagine di cui innamorarsi il suo fine ultimo.
E’ partendo da queste premesse che bisogna accostarsi al cinema di Ozon, che potrà risultare a un primo sguardo calligrafico e persino vuoto, salvo poi, a distanza di tempo, cominciare a infiltrarsi sotto pelle, riportando in modo fulmineo alla mente questi suoi fotogrammi splendenti, da cui il senso scaturisce ben oltre la visione del film.
Angel, il suo melodramma dal respiro classico, non fa eccezione. Un apparente esercizio di stile che punta – in modo non troppo dissimile da quel remake dell’opera omnia di Sirk che è Lontano dal Paradiso di Todd Haynes – a recuperare un intero mondo di musiche epiche e immagini sature di colori, traboccanti di vita, quello della Hollywood degli anni ‘30 e ‘40.

Già l’incipit è in tal senso folgorante: un primo piano su tanti scarponcini che percorrono veloci un sentiero coperto di neve, a richiamare le Piccole Donne di Mervyn Le Roy, a cui le scene dell’adolescenza di Angel paiono chiaramente ispirate per ambientazione e toni cromatici.
Attingendo a piene mani da convenzioni formali ormai desuete – gli iridi e le dissolvenze incrociate che punteggiano le sequenze riassuntive, a raccontare per ellissi la scalata al successo di Angel o il suo viaggio nel Mediterraneo con Esmé – Ozon adatta al tema intensamente melodrammatico di questo romanzo d’appendice uno stile sfarzoso, che non si preclude alcuna soluzione visiva.
Il film, tratto dalle pagine contemporanee di Elizabeth Taylor, offre dunque una lettura filtrata e venata di ironico distacco della materia romanzesca, si mostra menzognero come la stessa protagonista che, ricalcando l’ideale del bigger than life proprio di certo cinema, ammanta una realtà mediocre di immagini e parole ben più evocative.

Smaccatamente e fieramente artificioso – come i trasparenti che campeggiano orgogliosi alle spalle dei personaggi – Angel non rinuncia a nessun cliché narrativo cui il cinema della prima metà del secolo non abbia già attinto, denunciando così la propria presa di distanza dagli argomenti trattati, annullando qualsiasi identificazione del pubblico verso i patimenti dell’eroina, modellata sulle accensioni caratteriali e sull’irragionevolezza dell’icona femminile assoluta del cinema mélo americano: Scarlett O’Hara.
E’ impossibile credere ad un’empatia dell’autore verso i suoi personaggi: per quanto gli interpreti dei ruoli secondari – quelli di Esmé, interpretato dall’intenso Michael Fassbender, di Nora, della sempre interessante Lucy Russell (Following, La nobildonna e il Duca) o di Charlotte Rampling, vera musa del regista – offrano un’immagine chiaroscurale e sofferta dei loro personaggi, la recitazione di Romola Garai possiede invece un’enfasi retorica in cui l’eco delle eroine classiche è troppo palese perché la sua Angel possa risultare attendibile.

Se davvero credessimo ad Angel come a un’incursione ‘sincera’ del cineasta francese nel territorio del melodramma classico, il kitsch dell’operazione parrebbe insostenibile; letto invece come esperimento luttuosamente postmoderno di riproporre oggi una storia fin troppo esemplare, fin troppo didascalica del fallimento personale quasi sempre insito nel successo pubblico, il film acquista uno straordinario valore comunicativo, oltre che – ma a questo Ozon ci ha sempre abituati – meramente estetico.
Straordinarie del resto le soluzioni visive: fra tutte, quei due carrelli all’indietro che, attribuiti prima ad Angel e poi ad Esmé, partecipano dell’opposta ottica desiderativa dei personaggi rispetto all’ambiente-chiave del film, Paradise House, trasportando fatalmente la donna all’interno della villa ‘benedetta dagli dei’ e l’uomo al di fuori, lontano da un nido che va tramutandosi sistematicamente in prigione.
Il giudizio sull’ultima fatica di François Ozon deve necessariamente restare sospeso: lasciamo alle immagini il tempo di sedimentare…e aspettiamo.


CAST & CREDITS

(Angel) Regia e sceneggiatura: François Ozon, dal romanzo omonimo di Elizabeth Taylor; fotografia: Denis Lenoir; montaggio: Muriel Breton; musiche: Philippe Rombi; scenografia: Katia Wyszkop; costumi: Pascaline Chavanne; interpreti: Romola Garai (Angel), Michael Fassbender (Esmé) Lucy Russell (Nora) Sam Neill (Théo) Charlotte Rampling (Hermione); produzione: Fidélité Films, Poisson Rouge Pctures, Scope Pictures; distribuzione: Teodora Film; origine: Gb/Francia/Belgio 2007; durata: 118’; web info: sito ufficiale


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