Autumn Adagio - IFFR 2010 - Concorso
Suor Maria, dopo una vita trascorsa dividendosi equamente a metà tra chiesa e passione per la musica, giunta ormai all’età di quarant’anni scopre improvvisamente di avere desideri che la spingono oltre le mura della propria parrocchia, nonchè degli “strani” e inaspettati impulsi sessuali. Il suo stato confusionale e il periodo particolare che sta vivendo, vengono sottolineati con estrema abilità dalla regista, la quale alterna lunghissimi, silenziosi primi piani della suora ad altrettanti lunghi campi vuoti, in cui il paesaggio autunnale della piccola cittadina giapponese in cui si svolge la vicenda sembra farsi portavoce di questi turbamenti. Una natura dai colori bellissimi che sta per cedere il passo al freddo dell’inverno e al contempo vuole mantenere con sé il tepore e gli slanci gioiosi dell’estate. A complicare ulteriormente la situazione della protagonista arrivano tre uomini, che la donna incontra in rapida successione. Il primo è una sorta di stalker, che la perseguita e cerca in tutti i modi di entrare in contatto con lei. Seppur infastidita dall’atteggiamento dell’uomo, la suora comincia a vedere se stessa come una donna a tutti gli effetti, oltre l’abito che porta e tutto ciò che per lei ha sempre rappresentato. Il secondo è un ballerino di danza classica, il quale, vista la straordinaria abilità della donna nel suonare il piano, le chiede di suonare per lui mentre si esercita nella propria arte. Quando quest’uomo insegnerà a Maria a suonare con maggiore trasporto emotivo, facendo emergere le proprie emozioni sui tasti del pianoforte, quest’ultima inizierà a seguire i propri istinti e di conseguenza a vedersi solo ed esclusivamente come donna. Il terzo uomo, invece, è un giardiniere che ha perso la fiducia nel prossimo a causa di una madre che gli ha sempre fatto mancare il proprio affetto. Questa madre ora è in ospedale, in fin di vita, e cerca di mettersi in contatto con il figlio, utilizzando la suora come tramite. Quest’ultimo uomo rappresenta l’unico punto di connessione tra la nuova personalità di Suor Maria e la sua ormai antica vocazione. In uno splendido finale (con annesso colpo di scena) Inoue Tsuki lascia intuire allo spettatore quale sarà la scelta della donna, senza forzarne lo sguardo, né banalizzando il tutto con un finale didascalico.
Un film intenso e carico di poesia, che fin dalle primissime inquadrature cerca di trasportarci in un universo parallelo, a metà tra intimismo e neorealismo. Intimismo, perché è attraverso lo sguardo della donna, i suoi silenzi, il suo incedere costante ma sempre più incerto, la sua crescita nel modo di suonare gli strumenti, con sempre maggior trasporto, che il regista ci introduce nella sua confusione, nel suo vivere con estremo disagio ma anche con estrema consapevolezza, il fatto di non poter reprimere le proprie passioni. Neorealismo, perché il tutto viene mostrato attraverso la tecnica del pedinamento di zavattiniana memoria. La macchina da presa sembra scomparire dietro le lunghe passeggiate e le interminabili performance musicali di Maria. Soltanto i bellissimi campi vuoti sul paesaggio e qualche piccolo, brevissimo, virtuosismo palesa ogni tanto la presenza del regista e del suo mezzo, attraverso il quale vuole imprimere realtà e stati d`animo. Inoltre, la protagonista del film (la bravissima Shibakusa Rei), non è un’attrice professionista bensì una musicista, scelta da Inoue Tsuki per dare ancora maggiore realismo e profondità al personaggio.
Un film a metà strada tra Vittorio De Sica e tradizione orientale, che rende la pellicola, non solo una delle cose più interessanti viste fino a questo momento qui al festival, ma anche una rivisitazione in chiave moderna, del nostro Neorealismo.
(Fuwaku no Adagio); Regia, sceneggiatura, montaggio e produzione: Inoue Tsuki; fotografia: Omori Yohei; musiche: Shibakusa Rei; interpreti: Shibakusa Rei, Chiba Peiton, Shibuya Takumi, Nishijima Kazuhiro; origine: Giappone, 2009; durata: 70`