Away from her

Per il suo primo lungometraggio, Sarah Polley sceglie come soggetto un racconto (The Bear Came Over the Mountain) di Alice Munro. Grant e Fiona sono una coppia sposata da cinquant’anni. Trascorrono le giornate nel loro cottage canadese tra passeggiate in sci, libri letti davanti il camino, e discussioni condite da umorismo e tenera ironia. La serenità scompare quando le piccole dimenticanze, gli improvvisi vuoti di memoria iniziano a farsi sempre più presenti rivelando in Fiona il morbo di Alzheimer.
Parte da qui un lacerante quanto struggente, nell’epilogo, resoconto della malattia e degli effetti inesorabili che essa comporta. È Fiona ad esserne colpita ma gli occhi di Grant, le sue mani convulse, i silenzi raccontano, per tutto il film, di una malattia che sconvolge chiunque circondi chi ne è affetto, di come neghi il ricordo del passato, di come annulli il presente costringendo a vivere in una dimensione che non possiede più i suoi limiti naturali, spazio e tempo.
È un buon film Away from her, una storia d’amore appassionata, raccontata con partecipazione da parte della regista e con una abnegazione commovente da parte degli interpreti. Julie Christie mostra intatta la sua bellezza, avvolta dai lunghi capelli bianchi e premiata da una macchina da presa che regala spesso splendidi dettagli dei suoi occhi, prima innamorati, poi impauriti, alla fine del tutto smarriti. La sua recitazione raggiunge una intensità che quasi annulla la sua natura drammaturgica e di finzione. Le sta accanto un altrettanto straordinario Gordon Pinsent. A lui forse è toccato il ruolo più complesso, quello di chi ha ancora la coscienza per guardare la malattia, e senza ricercare una interpretazione al limite, ma procedendo quasi per sottrazione, ha offerto al suo personaggio una splendida identità.
È un buon film, dicevamo, ma non più di questo. L’elemento patetico è quasi spontaneo ma la Polley decide di esasperarlo ulteriormente con una regia in certi frangenti piuttosto didascalica. Non si avvertiva il bisogno di ulteriori drammatizzazioni, mentre, a volte,le immagini sembrano spinte al limite,cercando di cavalcare sino al massimo le numerose onde emotive che lo script offre. La regista non accompagna una sceneggiatura ben redatta, decide di rafforzarla, di coprirla con le sue scelte visive. Di questo soffre la pellicola che in certi passaggi ci è parsa poco sopportabile e fin troppo patetica (inteso, è ovvio, come accentuazione dell’elemento tragico).
Un film, Away from her, su cui versare fiumi di lacrime, costruito in maniera sufficiente, ma bisognoso probabilmente di un occhio più sicuro e leggero. Per certi argomenti, l’Alzheimer è certo tra questi, non serve spingersi oltre, spremere la tristezza al massimo. Si corre il rischio di esagerare e di scadere nel pedante.
(Away from her); Regia: Sarah Polley; soggetto: tratto dal racconto The Bear Came Over the Mountain di Alice Munro; sceneggiatura: Sarah Polley; fotografia: Luc Montpellier; montaggio: David Wharnsby; interpreti: Gordon Pinsent (Grant), Julie Christie (Fiona), Olympia Dukakis (Marian), Deanna Dezmari (Veronica), Alberta Watson (Dr Fischer), Grace Lynn Kung (l’infermiera/nurse Betty), Lili Francks (Theresa), Andrew Moodie (Liam), Wendy Crewson (Madeleine), Judy Sinclair (Mrs Albright), Tom Harvey (Michael), Carolyn Heatherington (Eliza) Kristen Thomson (Kristy), Jessica Booker (Mrs Jenkins); produzione: The Film Farm, Foundry Films; distribuzione: Videa-CDE; origine: Canada, 2006; durata: 110’
