B420

Koey, una ragazza allegra e vivace, vive da sola con la nonna. Ha segretamente lasciato la scuola mantenendosi con piccoli lavoretti e altri escamotages. Sam ne è innamorato sin da quando, ragazzini, frequentavano la stessa scuola di ballo. Koey però non ha occhi che per Willy, ex motociclista che passa le sue giornate a “marcire” in casa...
L’estremo oriente non appare poi così lontano guardando le (dis)avventure amorose di Sam, in quello che già da titolo (che potrebbe suonare come Before 20 years old) si presenta come un film giovanilistico. Che sia americano o cinese il “teen-drama” sembra seguire le stesse linee guida. Ben lontani dalle filosofie orientali, distanti dalle dilatazioni spazio-temporali tante care ai registi asiatici i ragazzi di B420 si muovono come i giovani di tutto il mondo. Un viaggio in solitaria fra pc, lavori part-time, sms e difficoltà economiche. Tutti parte di una generazione apparentemente incapace di trovare un suo posto nella società. Giovani persi, lasciati a “marcire” dalle istituzioni, la scuola e la famiglia, che dovrebbero essere loro più vicine. Individui incapaci di relazionarsi, costretti a confrontarsi spesso solo con espressioni animalesche, sesso e violenza. Un quadro che da ogni angolo dell’oriente (la stesa critica è avvertibile in I’ll call you e nel thailandese Dear Dakanda) sembra richiamare ad una comune preoccupazione per il futuro, che appare, agli occhi dei protagonisti, come un insondabile buco nero. Un corsa ad ostacoli il cui traguardo, l’età adulta, sembra il paradosso di Zenone: ogni passo verso il futuro li rende più piccoli. L’unica soluzione apparente è un amore salvifico, che li faccia maturare, una sensazione profonda che travalichi le banali convenzioni e desideri dei cuori adolescenziali. Ed è proprio questo ardente fantasia il fulcro di B420, un sogno che si scontra con l’immaturità e l’ingenuità. Un amore che si traduce in dolorosa impotenza.
Da qualunque posizione la si guardi la nuova generazione, agli occhi di Mathew Tang, appare stanca, abulica e indolente. “Miki cerca di vivere il presente, Sam vive nel passato”, come ammette lo stesso regista, ma entrambi appaiono senza scopo. Ibernati in uno staso di passività e abbandono. Soli.
In un mondo così globale, in cui un ragazzo di Hong-Kong ricorda in modo così nitido un nostro adolescente, sarebbe il caso di iniziare seriamente a riflettere sulla questione sollevata da questa pellicola. Quale futuro?
Regia e sceneggiatura: Mathew Tang; fotografia: Pakie Chan; musica: Henry Lai; interpreti: Miki Yeung (Koey), Ben Hung (Sam); origine: Hong-Kong ;durata: 88’
