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Baarìa

Pubblicato il 24 settembre 2009 da Salvatore Salviano Miceli


Baarìa

Ogni storia di un individuo appartiene alla storia del mondo e di essa, oltre che farne parte, è rappresentazione. Il racconto di ogni singola vita diventa inevitabilmente racconto di un paese, di una terra, di una realtà che muta al procedere del tempo, di emozioni e stati d’animo che si alternano e si confondono. Potrebbe essere fuorviante, quindi, descrivere Baarìa come una pellicola dal grande respiro, come l’affresco di una parte tanto affascinante quanto complessa della Sicilia e della sicilianità. Al contrario Baarìa, ai nostri occhi, tende a volere essere ed è un respiro intimo e caldo, persistente come lo scirocco che brucia nelle giornate più afose. È il respiro della vita che passa attraverso gli occhi di Peppino, dalla fanciullezza sino ai giorni in cui i capelli si tingono di bianco. È il respiro di Mannina, sua compagna, e delle innumerevoli comparse che la vita, nel suo compiersi, ci destina ad incontrare. Ed è proprio da questi racconti privati di una e più esistenze che affiora la sagoma di Baarìa (Bagheria), città natale di Peppuccio Tornatore che, oltre a darne il titolo, del film è la protagonista imprescindibile. È lei (ci si perdoni la voluta personificazione della città) ad essere perennemente in scena. È sempre lei ad abbracciare i diversi momenti e le differenti epoche del racconto, a mostrare senza vergogna le sue trasformazioni, dalla quasi ruralità alla moderna e caotica urbanizzazione, ad ospitare quell’insieme di personaggi buffi, violenti, idealisti o sognatori, onesti o criminali, ma comunque umani che la pellicola propone agli occhi di osserva.
Si dice, non a torto, che il cinema, “quello buono”, debba sempre emozionare. Questo è ancora più vero quando dietro la macchina da presa siede un regista che conosce le emozioni ed il cui cinema spesso ne è stato dispensatore. A noi Baarìa ha emozionato solo in parte. L’eleganza propria del linguaggio cinematografico di Tornatore, la sinuosità dei suoi innumerevoli movimenti di macchina, la carica introspettiva dei personaggi che porta in scena, indipendentemente dai minuti a loro dedicati, sono tratti distintivi che si rintracciano nella pellicola senza alcuna fatica. Le prove di tutti gli interpeti, ed in particolare di Francesco Scianna e Margareth Madè (Peppino e Mannina), rappresentano un grande pregio. Così la fotografia di Enrico Lucidi, puntuale e sporca abbastanza per non somigliare troppo ad una cartolina. Eppure l’emozione tarda ad arrivare. Nonostante il film sembri suggerire in ogni suo passaggio di abbandonarsi al racconto, di esserne partecipi, si avverte un freno, un ostacolo che impedisce il pieno coinvolgimento. Si resta, in alcuni momenti, come davanti ad un dipinto di cui non sfuggono le oggettive qualità ma in cui non si riesce del tutto ad entrare. Scovare analiticamente i motivi ed i perché di questo non è semplice. Contribuisce sicuramente una durata (due ore e trenta minuti di proiezione) eccessiva, figlia probabilmente della volontà del regista di non trascurare alcuna parte della sua storia, di assicurare ad ogni evento un giusto approfondimento.
Si sente l’amore di Tornatore per il progetto, l’innegabile legame, fatto di ricordi e di esperienze vissute o semplicemente osservate in un tempo passato, che lo unisce all’essenza di Baarìa. L’onestà e la verità di questi sentimenti passano dallo schermo agli occhi di chi osserva ma restano un frammento personale, proprio della memoria del regista, capace solo a tratti di essere pienamente recepito. Così anche la musica di Morricone (onnipresente ma non come in altri film firmati dall’autore siciliano) perde a tratti la sua potenza semantica, la capacità di sottolineare momenti e situazioni.
Non importa in questa sede discutere del budget straordinario, per una produzione italiana (25 milioni di euro la cifra ufficiale dichiarata oggi in conferenza stampa), messo a disposizione del film. Non è un dato del genere che rende una pellicola compiuta o meno. Così come siamo certi che Baarìa avrà un destino imprevedibile in sala, riuscendo a trovare spettatori in grado di innamorarsene. Noi, forse anche a causa della stima e dell’affetto che proviamo per Tornatore, e per certo cinema che ci ha saputo regalare, preferiamo restare un passo indietro. Non scontenti, ma delusi.


CAST & CREDITS

Baarìa; Regia e sceneggiatura: Giuseppe Tornatore; fotografia: Enrico Lucidi; montaggio: Massimo Quaglia; scenografia: Maurizio Sabatini; musica: Ennio Morricone; interpreti: Francesco Scianna (Peppino), Margareth Madè (Mannina), Nicole Grimaudo (Sarina giovane), Angela Molina (Sarina adulta), Lina Sastri (Tana e mendicante), Salvo Ficarra (Nino), Valentino Picone (Luigi), Enrico Lo Verso (Minicu), Nino Frassica (Giacomo Bartolotta); produzione: Medusa Film; distribuzione : Medusa Film; origine: Italia 2009; durata: 150’


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