Bal (Honey) - Berlino 2010 - Concorso

La verità si nasconde nel più profondo del bosco, da sempre il luogo dell’inconscio nelle favole. Nel bosco Alice dimentica il suo nome e incontra il suo creatore sotto forma di triste Cavaliere Bianco, congedandosi dalla sua infanzia per entrare nell’età adulta. Nel bosco si celano lupi che insidiano bambine e Pollicino cerca di ritrovare la strada di casa, incapace di concepire l’abbandono da parte del padre.
In Honey il regista turco Semih Kaplanoğlu (già autore di Süt/Milk, presentato in concorso al Festival di Venezia 2008) rappresenta un Pollicino che sul limitare del bosco è costretto a fermarsi. Nello stesso bosco si è recato tante volte in compagnia dell’amato padre, affettuoso e riservato apicultore, che continuamente scala gli alberi per controllare che le sue arnie siano piene. Le sue giornate sono scandite dalla scuola e dai piccoli avvenimenti e rituali dell’infanzia: la difficoltà a leggere ad alta voce in classe, la sperimentazione della cecità con un nastro sugli occhi tra i mobili di casa, la fascinazione per una compagna di scuola che recita una poesia solo per sè, gli affettuosi rimproveri della madre. Un giorno però le api improvvisamente scompaiono e il padre è costretto a spostarsi sempre più nel profondo della foresta alla loro ricerca, fino a perdersi in quello che per il piccolo Yussuf è un buio labirinto senza uscita.
Ambientato in un piccolo villaggio senza alcun elemento legato al presente (soltanto nella scena della fiera si intravedono delle automobili) in cui non esistono telefoni, radio, quasi neanche l’elettricità e per andare a scuola si segue il volo di un falco ammaestrato, il film rappresenta evidentemente un non-luogo primordiale e fiabesco che, come il buio, non ha confini ed è un contenitore di pulsioni, di simboli e di paure. Terza e ultima parte di una trilogia costituita dal già citato Süt e da Yumurta/Egg, Bal si contraddistingue soprattutto per la compresenza estetica di nitidezza e semplicità, che trova le sue soluzioni migliori nelle sequenze girate in esterno, in particolare le prime immagini che mostrano il padre Yakup “sfidare” un albero per rubargli il miele.
La critica internazionale ha esultato poi per l’interpretazione del piccolo Bora Altaş, di sei anni, nominandolo sinora la vera star della mostra. Rimane tuttavia nello spettatore, pur davanti a tanta eleganza formale e ad una sceneggiatura “sussurrata” (nel vero senso della parola, dato che padre e figlio comunicano così forse per rendere ancora più esclusivo il loro rapporto) una sensazione lievemente stucchevole, rischio che sempre si corre quando si mette un bambino troppo serio e laconico al centro di una storia triste. Sono belle le sue camminate dietro il falco ma vedendole viene da chiedersi: dov’è la casa del mio amico?
(Honey) Regia: Semih Kaplanoğlu; Sceneggiatura: Orçun Köksal, Semih Kaplanoğlu; Fotografia: Barış Özbiçer; Montaggio: Ayhan Ergürsel, Semih Kaplanoğlu, S. Hande Güneri; Interpreti: Bora Altaş (Yussuf), Yakup Erdal Beşikçioğlu (Yakup), Zehra Tülin Özen (Zehra); Produzione: Kaplan Film Production; Distribuzione: The Match Factory; Origine: Turchia/ Germania; Durata: 104’
