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Benvenuti al Sud

Pubblicato il 30 settembre 2010 da Edoardo Zaccagnini


Benvenuti al Sud

Vedendolo, l’originale, quel simpatico filmetto francese che tanto successo riscosse un paio d’anni fa in terra nostrana, a qualcuno può essere venuto in mente questo pensiero: “Quanto ci starebbe bene, qui da noi, un soggetto come questo...” Nel paese giovane e confuso, eternamente diviso, lungo come un treno di diversi colori, idee, tradizioni, clima, storia e cultura. Ed eccolo, il remake tricolore di Giù al Nord, silenzioso e benvenuto, farsi spazio in mezzo ad un autunno affollato di cinema italiano e di polemiche, calate come una perturbazione da Venezia. Sempre le solite, spiacevoli e per certi versi obbligate, con cadenza annuale dopo l’illusione del 2008, francese, la ricorderete. Dopo Gomorra e dopo Il Divo. Da allora film discreti, quelli italiani nei grandi concorsi, a volte inadeguati, non attrezzati a sufficienza, non del tutto meritevoli di consensi. Ed allora rieccoti, speranzoso e stanco, a cercare la buona Italia nelle sezioni laterali. Oppure a chiederti perché un film come Fortapàsc non l’abbia invitato mai nessuno. Perché non sia passato in nessun Festival di quelli grandi. Scusate la parentesi spontanea, dedicata ad un modo di intendere il cinema che parecchio si discosta dal piccolo e piacevole film di cui dobbiamo parlare. Era solo per raccontare brevemente il solito clima autunnale che caratterizza il cinema nel nostro paese oggi, ed il contesto in cui atterra Benvenuti al Sud. Ed è magari in questo clima nuvoloso e noioso che il ridente remake italico di Giù al Nord troverà la possibilità, a colpi di ottimi incassi finesettimali, di ottenere consensi e spazio, guadagnare tanti soldi e magari far proclamare la solita rinascita del cinema italiano proprio attraverso quel “non” cinema che il cinema italiano rinnega. Paradossi su cui riflettere, già vissuti negli anni della commedia giovanilistica recente. Che meno valeva, nella maggior parte dei casi, di questo innocente e saporito lungometraggio commerciale. Remake curioso, dunque, a questo punto, il film-etto di Luca Miniero, dopo averlo visto e goduto, adesso, persino atteso. Operina gustosa, capitata nelle mani giuste, in quelle di un regista che ha colorato bene il copione, che ha filmato con misura l’ottimo materiale che gli si era disposto sotto gli occhi. A partire dal cast, su tutti Bisio, una garanzia, uno simpatico a pelle, uno che non sbaglia mai, uno che fatichi a definirlo un grande attore comico solo perché lo hai trovato troppe volte impastato di piccolo schermo. Accanto a lui un Alessandro Siani che a pelle troppo simpatico non lo è mai stato, e neanche mai del tutto convincente. Ma che stavolta fa il suo. Ammazza se lo fa, e certi paragoni, il più delle volte irritanti, stavolta infastidiscono molto meno. E Poi la Lodovini, femmina in ogni sfumatura, carne dolcissima in ogni angolo di un corpo generoso e sorridente. Che napoletana non è, e un po’ nel film si sente, ma che di partenopeo possiede la luce ed il sorriso. La commedia l’aveva già fatta con Generazione mille euro, e già lì le ombre nordestine del penultimo Mazzacurati, un buon film, nel quale l’attrice era comunque il raggio più luminoso, si erano diradate per lasciare spazio all’altra Valentina, quella più che solare, ospitale, allegra, provinciale nel senso nobile del termine, ancora più bella. Che in questo Benvenuti al sud di Luca Miniero, scritto con acume da Massimo Gaudioso, seduce lo spettatore con la vitalità della porta accanto. E per ultima, ovviamente ci scusi per l’attesa, Angela Finocchiaro, sempre affidabile, attrice navigata, comica preziosa, e non solo comica, sempre pronta all’uso. Questi i volti noti del film, davanti ad un manipolo allenato di caratteristi locali, scelti tutti con successo. Bravo al regista, dunque, che aveva fatto capire di essere l’uomo giusto per questo soggetto da italianizzare non appena aveva trasformato in lungometraggio un corto dal soggetto geniale: Incantesimo napoletano. Precisazione doverosa, quel film l’avevano firmato a quattro mani, le altre due erano quelle di Paolo Genovese. Il tema è sempre quello, il Nord e il Sud Italia, così lontani, nemici amatissimi, che formano la colonna vertebrale di un paese bello e disunito. Lì una bambina napoletana parlava in milanese, e quei due disgraziati dei genitori si davano a mille esilaranti pene. Qui un impiegato delle poste milanese, anzi brianzolo, si trova costretto ad andare a lavorare in Campania dopo aver fatto troppo il furbo, dopo aver manifestato una caratteristica italiana trans-campanilistica: l’idiosincrasia per la scomoda legalità. Si aprono, per questo ometto medio senza troppa qualità, le porte di un Sud lontano e sconosciuto, costruito nella mente a forza di stereotipi. Tutti, tranne quelli che incontrerà laggiù, altri, i migliori, quelli dell’ospitalità e dell’allegria, del cibo buono ad ogni ora, della tazzuriell ‘e caffè, dei ritmi lenti e della poca voglia di ammazzarsi di lavoro. Stereotipi, con cui il film gioca abilmente, sulla meridionalità di sempre e sulla settentrionalità di oggi, dentro i quali spuntano verità, e si affacciano pezzi di presente registrati con delicatezza, intuizioni, qualche buona idea di sceneggiatura. Si ride, a differenza che in altri film comici italiani, e non è poco, in questo lavoro scorrevole e mai troppo ambizioso. Alla fine il Sud Italia, che non è Napoli, precisiamolo, ma i luoghi da sogno del Cilento, ne esce trionfante. Ed è talmente bello il contesto scenografico che Benvenuti al Sud offre, che di questi tempi terribili di inquinamento e criminalità sfrenata, qualche spettatore sensibile, sull’orlo di una giustificata crisi di nervi, si può perfino emozionare.


CAST & CREDITS

Regia: Luca Miniero; Sceneggiatura: Massimo Gaudioso; Montaggio: Valentina Mariani; Fotografia: Paolo Carnera; Interpreti: Claudio Bisio, Alessandro Siani, Valentina Lodovini, Angela Finocchiaro, Giacomo Rizzo; Produzione: Cattleya per Medusa; Distribuzione: Medusa.


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